4 maggio 2024
Aggiornato 18:00

Alessandria: commissione Politiche Ambientali

ALESSANDRIA - Si è svolta questa mattina, presieduta dal Consigliere Bocchio, la Commissione Politiche Ambientali che ha affrontato il tema dell’inquinamento dell’area Fraschetta e dello stato dei lavori con l’audizione dell’Assessore Serafino Vanni Lai, del Direttore Pierfranco Robotti e della Dott.ssa Graziella Bruna, consulente incaricata del Comune.

Dopo una premessa dell’Architetto Robotti, utile a inquadrare le problematiche nell’ambito delle azioni e delle prestazioni, che ha fornito la cronologia degli interventi, delle riunioni, dei sopralluoghi, dei tavoli tecnici e delle sedute della Conferenza dei Servizi e della Consulta Comunale per l’Ambiente dal 2 settembre 2008 ad oggi, la Dott.ssa Bruna ha risposto alle richieste del Consigliere Cuttica, fatte proprie anche dai Consiglieri Grillo e Priano, sullo stato di integrazione e di interazione del proprio lavoro con eventuali altri percorsi di analisi che hanno interessato la stessa tematica.

La Dott.ssa Bruna, nel sottolineare come il suo sia un approfondimento soprattutto giuridico e normativo di un procedimento avviato nel marzo del 2001 da Ausimont, Atofina ed Edison, ha ritenuto utile ricostruire la cronologia dei procedimenti per meglio far comprendere dove siamo oggi e dove stiamo andando.

A partire dal 1 aprile 2003 le tre ditte sono state ammesse dalla Regione Piemonte al procedimento di bonifica in seguito alla richiesta presentata nel 2001, e, per questo, il procedimento è passato alla competenza del Comune  che ha chiesto ai soggetti di coordinarsi per un unico Piano di caratterizzazione che è stato poi presentato nel giugno 2003 e approvato nel settembre successivo.

La Solvay Solexis, nel frattempo sostituitasi, con Archema e CoEnergy (poi Edison), alle tre precedenti, ha sollecitato Comune e Provincia ad ammettere anche la Montedison e ha presentato ricorso al TAR contro il diniego ricevuto nell’estate del 2008: «La sua pronuncia – commenta la Dott.ssa Bruna – sarà molto interessante perché scriverà una nuova pagina sul problema della distinzione fra proprietario incolpevole e responsabile dell’inquinamento».

L’intervento è, quindi, proseguito con la minuziosa ricostruzione di tutti i passaggi dalla iniziale presentazione del Piano di caratterizzazione del giugno 2003 a quello integrativo dello scorso gennaio, stilato sulla base delle diverse acquisite conoscenze sulla situazione e, soprattutto, degli intervenuti Decreto Legislativo n. 152 del 2006 e Decreto correttivo n. 4 del 2008.

Il primo abolisce il Piano preliminare sostituendolo con il Progetto operativo di bonifica previa analisi di rischio (metodologia anglosassone che introduce modalità molto diverse per verificare la concentrazione di inquinanti e il livello di rischio per salute e ambiente e la conseguente progettazione degli interventi) mentre il secondo elimina l’Allegato 1 del D.Lgs. 152 (a tutt’oggi non ancora sostituito), introduce un valore predefinito di accettabilità del rischio cancerogeno (1 x 10-6 per ogni sostanza mentre per tutto il plafond delle sostanze era stato precedentemente calcolato 1 x 10-5) e inserisce il «punto di conformità», oggi stabilito sul confine perimetrale della bonifica.

Questi elementi ben evidenziano le ragioni per cui le analisi di rischio del 2006 e 2007 furono uno dei punti più controversi tanto da non essere accettate dal Comune che chiese alla Regione, che accolse l’istanza, di poterle scindere in due matrici (suolo ed acqua).

Sulla base del ritrovamento di cromo esavalente (definito dalla Dott.ssa Bruna «inquinante sentinella» poiché non poteva che provenire da un certo sito) del maggio 2008 e della successiva redazione del Piano di integrazione presentato nel gennaio 2009 e approvato il 26 febbraio, la Dott.ssa Bruna ha sottolineato l’importanza di come, per la prima volta, si accerti e si accetti che l’inquinamento Solvay non è solo sul confine e  come la ditta si impegni a mettere a punto nuove misure di prevenzione.

Siamo, quindi, oggi, al momento di maggiore delicatezza dal punto di vista giuridico e normativo: entro 6 mesi l’azienda dovrà presentare l’analisi di rischio.

Il D.Lgs. 152 introduce strumenti nuovi, da sperimentare: la messa in sicurezza operativa (con interventi in grado di contenere la contaminazione e rinviare la bonifica alla cessazione dell’attività) o, nell’art. 246, l’Accordo di programma, indirizzato a definire tempi e modalità secondo calendari ritenuti coerenti con le necessità della produzione.

Il decreto correttivo, a sua volta, all’art. 252bis, offre la possibilità di coniugare il risanamento ambientale con la riqualificazione industriale e il progetto di sviluppo economico.

Esistono, infine, i Patti territoriali per i quali, considerata la loro natura di procedura negoziata che parte dal basso, questa zona si presterebbe benissimo.

Rispondendo ad una richiesta del Consigliere Abonante, la Dott.ssa Bruna ha evidenziato come la messa in sicurezza operativa non rappresenti solo un rinvio sine die ma sia utile a delimitare, circoscrivere e impedire che l’inquinamento si propaghi: nel Piano di caratterizzazione è già prevista una implementazione dell’attuale sistema di depurazione con reimmissione delle acque pretrattate.

La Commissione si è conclusa, quindi, con i chiarimenti, prodotti
dall’Arch. Robotti e volti a limitare eventuali equivoci interpretativi, sulla distinzione fra gli interventi infrastrutturali previsti dal Piano di sviluppo e di riqualificazione della Frascheta e quelli di bonifica.