29 marzo 2024
Aggiornato 00:30
Una nuova potenziale terapia per prevenire e bloccare l’epilessia

Il ruolo della neuro infiammazione nell’insorgenza e nella cronicizzazione delle crisi epilettiche

Sulla rivista “Nature Medicine” i risultati della ricerca ideata e coordinata dall’Università di Verona

Una nuova potenziale terapia per prevenire e bloccare l’epilessia è l’importante scoperta scientifica dell’Università di Verona che ha identificato nelle interazioni tra leucociti (globuli bianchi), le cellule dei vasi cerebrali ed i neuroni un nuovo, importante punto di  partenza per curare e prevenire l’epilessia, una tra le più diffuse patologie del sistema nervoso, che colpisce l’1% della popolazione mondiale e che conta 500.000 casi solo in Italia, con circa 30.000 nuovi casi all'anno. La ricerca è stata pubblicata il 23 novembre su Nature Medicine, prestigiosa rivista scientifica internazionale.

Lo studio è stato ideato e diretto da due ricercatori dell’Università di Verona: Paolo Fabene, professore aggregato della sezione di Anatomia Umana del dipartimento di Scienze Morfologico-Biomediche, e da Gabriela Constantin, professore aggregato della sezione di Patologia Generale del dipartimento di Patologia. Il progetto, iniziato quattro anni fa, è stato finanziato dal ministero dell’Università e della Ricerca, dal ministero della Sanità e dalla Fondazione Italiana Sclerosi Multipla, dalla US National Multiple Sclerosis Society e dalla Comunità Europea (European Community Research Grants LSH-CT-2006-037315 EPICURE). Fondamentale negli ultimi due anni anche il contributo di circa 450mila euro della fondazione Cariverona.

Nel Veneto sono 22.000 i pazienti epilettici, di cui 4500 solo nella provincia di Verona. Nella nostra regione i nuovi casi all’anno sono circa 2000, 400 nel veronese. Se si prendono in considerazione le crisi convulsive, i dati statistici dicono che 1 individuo su 10 avrà almeno una crisi in età pediatrica.

Da molti anni all’Università di Verona esiste un settore di ricerca all’avanguardia nello studio dell’epilessia che ha portato nella città scaligera anche molti studiosi stranieri. Attraverso l’utilizzo di ricerche pre-cliniche basate su studi in modelli sperimentali animali e su evidenze ottenute dallo studio post-mortem di pazienti epilettici, e sulla base di evidenze ottenute da pazienti colpiti dalla patologia, con il nuovo studio i ricercatori hanno dimostrato che le crisi epilettiche inducono un’importante risposta non solo da parte delle principali cellule nervose, i neuroni, ma anche dalle cellule che compongono la parete dei vasi sanguigni.

Durante una crisi epilettica queste cellule, dette endoteliali, rendono possibile il reclutamento di cellule immunitarie (globuli bianchi o leucociti) nelle zone di lesione attraverso l’utilizzo di molecole di adesione, piccole «mani» che agganciano i globuli bianchi del sangue. Per studiare le interazioni adesive fra globuli bianchi e cellule endoteliali, i ricercatori veronesi hanno utilizzato la microscopia intravitale, una metodica innovativa che permette di visualizzare e analizzare le interazioni fra le cellule del sangue e la parete dei vasi sanguigni cerebrali, ed avanzate tecniche di monitoraggio di biopotenziali via onde radio.

L’inibizione di tale processo di agganciamento endotelio-leucociti ha portato ad una riduzione del 70% delle crisi ricorrenti spontanee rispetto a quanto osservato nel gruppo di controllo non sottoposto a trattamento. Presidi terapeutici atti a bloccare questi meccanismi di reclutamento, somministrati prima della crisi epilettica nei soggetti sperimentali bloccano nella totalità dei casi (100%) la patologia medesima.

Dallo studio è inoltre emerso che la riduzione della presenza nel sangue dei globuli bianchi implicati nell’ induzione dell’epilessia ha inibito il verificarsi di crisi croniche, ricorrenti e spontanee nei soggetti sperimentali e che la parziale apertura della barriera emato-encefalica (BEE), causata dalle crisi epilettiche, aumenta l'eccitabilità neuronale. Per la prima volta è stato dunque dimostrato che il blocco dell’interazione leucocita-endotelio può prevenire il danno alla Bee suggerendo un collegamento patogenetico fra le interazioni leucocita-vascolari, il danno di Bee e la generazione di crisi epilettiche.  Coerentemente con questi dati, gli autori hanno osservato che nei cervelli di pazienti epilettici erano presenti foci di cellule infiammatorie (linfociti e granulociti) non osservabili in cervelli sani della stessa età.

Tali risultati indicano chiaramente come i meccanismi che controllano l'interazione leucocita-endotelio possano rappresentare bersagli terapeutici per la prevenzione ed il trattamento dell'epilessia.

Questa ricerca ha dimostrato che è possibile applicare le conoscenze derivanti da 20 anni di ricerche sulla neuroinfiammazione nel campo della prevenzione e trattamento dell’epilessia. Per quanto concerne le prospettive di cura, si guarda con attenzione al possibile utilizzo per la cura dell’epilessia di farmaci ad uso umano (NatalizumabÒ/TysabriÒ, Efalizumab ed altri), attualmente impiegati per il trattamento della sclerosi multipla, morbo di Crohn, psoriasi.

I componenti dei gruppi di ricerca della dottoressa Constantin e del dottor Fabene che hanno partecipato maggiormente allo studio sono: Graciela Navarro-Mora, Marianna Martinello, Barbara Rossi, Stefano Angiari, Simone Dorothea Bach, Asmaa Chakir, Federica Schio, Lara Zanetti, Donatella Benati, Flavia Merigo, Elena Nicolato, Pasquina Marzola, Antonio Osculati, Andrea Sbarbati e Francesco Osculati.