24 aprile 2024
Aggiornato 17:30
L'intervista a Gilles Kepel alla Stampa

Terrorismo, Gilles Kepel: attenta Italia, nemmeno tu sei al sicuro

Il politologo ed esperto di Islam Gilles Kepel spiega come né la Germania né l'Italia possano dirsi al sicuro dal terrorismo. Perché sono il 'ventre molle' d'Europa

ROMA - Dopo la cattura e l'uccisione, a Sesto San Giovanni, comune dell'hinterland milanese, di Amis Amri, il terrorista accusato della strage di Berlino, si è tanto parlato della preparazione delle forze dell'ordine italiane e dell'efficenza del sistema di sicurezza del nostro Paese, considerato un'eccellenza in Europa ed elogiato dalla stessa Angela Merkel. Ma per Gilles Kepel, politologo e orientalista francese esperto di Islam, l'Italia non deve affatto «sedersi sugli allori». Il Belpaese, ha sostenuto in un'intervista alla Stampa, è fin troppo sicuro di essere al riparo da attacchi terroristici, che, al contrario, non possono affatto essere esclusi.

L'Italia non è al sicuro
Perché, secondo Kepel, se è certamente giusto lodare l'ottimo lavoro delle nostre forze dell'ordine a Sesto San Giovanni, bisognerà però ricordare che lo stesso Amri è diventato jihadista nelle carceri italiane. Circostanza che dimostra come l'Italia non sia immune dal terrorismo: seppur meno abituata, insieme alla Germania, agli attentati rispetto a un Paese come la Francia, è però d'altra parte considerata proprio per questo «il ventre molle» d'Europa, dove l'intelligence, esattamente come quella teutonica, è stata meno messa alla prova dalla minaccia jihadista, ma dove i terroristi mirano comunque a scatenare una vera e propria guerra civile.

Quali lupi solitari?
Per il politologo, Amri non è un semplice «lupo solitario», come nessuno degli ultimi attentatori lo è. Perché tutti costoro si muovono in una cornice ideologica che è quella propagandata dall'Isis, come già preannunciava il manifesto di Abu Musab al Suri del 2005: in esso, si faceva appello ai giovani europei, musulmani e convertiti, perché colpissero non tanto come membri ufficiali di un'organizzazione centralizzata, quanto come parte di un sistema più generale. Non è dunque un caso che Amri fosse noto ai servizi americani perché in contatto con l'Isis via Telgram, e fosse stato per questo già arrestato e poi rilasciato.

Parallelismi simbolici
Secondo Kepel, il grande errore dell'intelligence tedesca è stato proprio quello di ritenere i vari episodi di terrorismo avvenuti negli ultimi mesi a sé stanti e non collegati tra loro. Al contrario, solo guardando Berlino e Nizza, si possono notare evidenti parallelismi simbolici: il camion lanciato sulla folla per colpire le folle; Nizza simbolo della laicità e dell'illuminismo, e Berlino impegnata a celebrare il Natale, festa religiosa per eccellenza degli infedeli. L'intero bagaglio europeo, insomma, sarebbe sotto attacco, tanto il modernismo quanto la tradizione religiosa. Fermo restando che il fine ultimo dei jihadisti rimane quello di praticare una frattura della società: portare, cioè, la guerra civile in Europa.

L'implosione del Medio Oriente, e la destabilizzazione della Turchia
E poi c'è un quadro internazionale complesso, che vede in Siria l'Isis in difficoltà e i «ribelli» sconfitti ad Aleppo, e la Turchia subire le conseguenze dell'implosione mediorientale. Per Kepel, «il poliziotto assassino, ex guardia pretoriana di Erdogan, ci svela le enormi contraddizioni del Paese che puntava al controllo regionale sunnita-ottomano attraverso la cacciata di Assad e ora paventa la nascita di uno Stato curdo».  E se nella regione, fino ad ora, la Turchia ha ricoperto un ruolo di stabilità, oggi «il poliziotto killer suggerisce che il mercato è aperto e l’Isis può iniziare a reclutare anche i giovani turchi finora rimasti distanti dalla jihad».