29 marzo 2024
Aggiornato 07:30
Usa-Cina

Usa, Trump sfida Pechino e chiama Taiwan

Il neo presidente Donald Trump ha sfidato il Dragone chiamando al telefono la presidentessa di Taiwan, Tsai Ying-wen che non ha riaffermato al momento della sua elezione il cosiddetto «1992 Consensus»

NEW YORK - Ancora prima di avere messo piede alla Casa Bianca, Donald Trump rischia gravi tensioni diplomatiche con la Cina. Ieri il presidente eletto ha parlato al telefono con la presidentessa di Taiwan, Tsai Ying-wen, «che ha presentato le sue congratulazioni». Lo ha confermato il transition team di Trump. Si tratta della prima conversazione tra un presidente o un presidente eletto Usa e il leader dell'isola a Est della Cina con cui Washington ha interrotto formalmente le relazioni diplomatiche dal 1979. Le due parti tuttavia vivono una «relazione non ufficiale» che il dipartimento di Stato sul suo sito definisce «robusta».

Trump sfida Pechino congratulandosi con Tsai
«Durante la loro discussione, (i due leader) hanno sottolineato i legami economici, politici e sulla sicurezza tra gli Usa e Taiwan", recita la nota diffusa dal team di Trump, che a sua volta «si è contratulato con Tsai» per essere stata eletta a inizio 2016 presidente di Taiwan (prima donna a rivestire un tale incarico). Ancora è presto per capire se la mossa segnali un cambiamento di rotta da parte degli Stati Uniti nei confronti di Taipei. Certo è che Pechino rischia di interpretarla come una provocazione visto che considera Taiwan come una sua provincia rinnegata. E sebbene Cina e Taiwan abbiano saputo convivere fino ad ora, le tensioni sono aumentate tra le due nazioni dall'elezione di Tsai, secondo cui Pechino deve rispettare la democrazia di Taipei.

L'elezione della prima donna presidente di Taiwan
Alla sua inaugurazione la donna non ha riaffermato il cosiddetto «1992 Consensus» in base al quale l'isola non avrebbe cercato l'indipendenza (sul testo ci sono varie interpretazioni). Dal 1972, successivamente all'incontro tra l'allora presidente Usa Richard Nixon e il leader cinese Mao Zedong, Washington ha adottato la politica cosiddetta «One China», una Cina sola. Si tratta esattamente dell'approccio cinese. Sei anni dopo il Commander in chief Jimmy Carter ha riconosciuto Pechino come il solo governo cinese chiudendo nel 1979 la sua ambasciata a Taipei e facendo riferimento soltanto a quella nella capitale cinese. Un comunicato di allora recitava: «Gli Stati Uniti d'America riconoscono la posizione cinese secondo cui c'è solo una Cina e Taiwan è parte della Cina».

Nel 1979 il Congresso approvò il Taiwan Relation Act
Il testo diceva anche che «il popolo americano manterrà relazioni culturali, commerciali e di altro tipo non ufficali con il popolo di Taiwan». Washington non sostiene l'indipendenza dell'isola ma ritiene che il mantenimento di relazioni forti non ufficiali «sia in linea con il desiderio di ulteriore stabilità e pace in Asia». Si ricorda che nel 1979 il Congresso Usa approvò il Taiwan Relations Act, la legge che di fatto fornisce le basi legali per mantenere i rapporti con Taiwan. Quella legge ha sostituito un accordo bilaterale sulla difesa con un impegno nei confronti della sicurezza del territorio e garantendo rifornimenti necessari di «articoli della difesa e dei servizi». Oltre al leader di Taiwan, Trump ha parlato anche con quelli di Singapore, Afghanistan e Filippine.