Trump e Obama alla Casa Bianca, fine dell'inizio di un idillio impossibile
Nonostante i toni pacati, quasi amichevoli, non corre certo buon sangue tra il nuovo e l'ex Presidente. Perché Trump ha le idee chiarissime, e diversissime, su finanza, sanità, immigrazione, armi e clima
WASHINGTON - «Collaborazione», «continuità», «grande intesa», «eccellente conversazione», «giornata fantastica»: a sentire le dichiarazioni a caldo di Barack Obama e del neopresidente Usa Donald Trump dopo il loro incontro alla Casa Bianca par di ascoltare le chiacchiere di due vecchi amici al bar che si ritrovano dopo tanto tempo. Il colloquio nello Studio Ovale, che avrebbe dovuto essere di 15 minuti appena (invece è diventato di un'ora e mezza e «avrebbe potuto anche durare di più» ha detto Trump), prima tappa della fase di transizione che si concluderà con l'insediamento del 20 gennaio, è stato fin troppo cordiale (GUARDA LA FOTOGALLERY). Per carità, non si percepiva certo quel feeling che avevamo visto quando da Obama c'è andato Renzi, ma il vecchio e il nuovo Presidente hanno pur sempre dimostrato un certo grado di benevolenza. Non si sa quanto l'uno verso l'altro o quanto piuttosto di entrambi verso il mondo che, in quel momento, li stava giudicando. Ad ogni modo, questa è politica. Non lasciamoci ingannare da tanto amore mediatico. Donald Trump ha promesso di «ribaltare» l'America di Obama. E di farlo sfruttando un potenziamento del potere esecutivo casomai fosse necessario.
Finanza: i mercati devono essere lasciati liberi
Tanto per cominciare, il nodo poteri forti e finanza. Nella sua campagna elettorale di 8 anni fa Obama aveva promesso di mettere ordine a Wall Street e dintorni. Pochissimo è stato fatto in tal senso, ma per il tycoon è già troppo. Il neopresidente in carica è fermamente convinto che sul sistema bancario pesino come un macigno le «troppe» regole di un sistema ingarbugliato e volutamente complesso. Il mercato, nella migliore tradizione liberista, deve essere lasciato libero di autoregolamentarsi. Inoltre, di base Trump mal sopporta la governatrice della Fed, Janet Yellen, che ha più volte accusato di aver lasciato i tassi bassi per favorire l'amministrazione Obama, cosa per cui, ha dichiarato, dovrebbe "vergognarsi». Molto difficile dunque che la Yellen possa rimanere per un altro mandato visto che il suo scadrà nel febbraio 2018.
Sanità: bye-bye Obamacare
L'impostazione «sociale», per non dire «socialista», di Obama in campo sanitario a Trump proprio non va giù. Per questo uno dei suoi cavalli di battaglia in campagna elettorale è stata la promessa di limitare l'espansione di Medicaid, il programma di assistenza per le fasce più deboli della popolazione, e di "interferire" con l'applicazione dell'Obamacare, cambiandone le linee guida. L'obiettivo a tendere è uno solo: farsi appoggiare dal Congresso per cancellare interamente la riforma e sostituirla con un nuovo sistema che ha già fatto sapere sarà "molto meglio".
Immigrazione: via tutti gli irregolari
Sul fronte immigrazione si gioca una delle partite più calde di questa America che si è riscoperta bianca e arrabbiata. Trump rispedirà a casa tutti gli irregolari ("Devono andarsene", ha tuonato), mentre per i figli degli immigrati senza documenti entrati dopo il 2007 e con al massimo 16 anni non ci saranno i famosi permessi biennali di lavoro rinnovabile. Non vuole certo disfare le famiglie ("Tenere unite le famiglie è una priorità"), ma è pur sempre necessaria "una nuova serie di standard".
Armi: il II° emendamento non si tocca
La difesa personale non si tocca. Ogni americano ha il diritto di possedere un'arma e di farsi giustizia da sé: è il mantra made in Usa con cui siamo cresciuti e che nessuno, nemmeno Obama, è mai riuscito realmente a scalfire. Prima ancora che l'ex Presidente annunciasse i suoi decreti per contrastare la violenza connessa all'uso delle armi, Trump aveva già annunciato che li avrebbe spazzati via. "Non mi piace nulla che abbia a che fare con la modifica del Secondo emendamento» ha fatto sapere.
Cambiamento climatico: inutili allarmismi, avanti con la reindustrializzazione
Per ovvi motivi, protezione dell'ambiente e del clima non va a braccetto con rilocalizzazione delle fabbriche in America. Almeno non oggi. Gli investimenti in energia pulita sono troppo esosi, dunque la nuova industrializzazione a stelle e strisce non può essere ostacolata da «inutili» allarmismi sull'inquinamento. Trump ha promesso di cancellare l'accordo sul clima di Parigi entrato in vigore solo pochi giorni fa e di smantellare anche il Clean Power Plan, che limita le emissioni di Co2. A consigliarlo c'è Myron Ebell, a capo di un think tank ultraconservatore, da sempre in prima linea contro le responsabilità umane nel cambiamento climatico, che potrebbe essere scelto per guidare l'Agenzia di protezione ambientale.
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