Ungheria, Orban: obiettivo raggiunto, avanti per la mia strada (contro Bruxelles)
Il mancato quorum al referendum sulle quote per la ripartizione dei migranti non ha fermato il premier ungherese. Che si sta già muovendo per modificare la Costituzione
BUDAPEST - Forse il referendum sulle quote non sarà andato esattamente come Viktor Orban si sarebbe augurato, perché il quorum non è stato raggiunto; di certo, però, per il premier ungherese è stato comunque «un successo», visto che il 98% dei votanti si è espresso contro la politica migratoria europea. Orban, dunque, dichiara di aver ricevuto un preciso mandato politico: bloccare l’ingresso dei migranti in Ungheria, rifiutando le quote concordate per la ricollocazione nei Paesi dell’Unione.
Modifica della Costituzione
La «controrivoluzione» europea che il primo ministro ungherese vuole ingaggiare parte da un'iniziativa di modifica della Costituzione. Orban ha annunciato un’iniziativa di modifica della Costituzione «nello spirito del referendum» per riaffermare il divieto di accoglienza di cittadini stranieri in Ungheria senza l’approvazione del Parlamento. Il mancato quorum, dunque, non l'ha fermato: uno staff di esperti è già al lavoro per preparare il testo che dovrà poi essere recepito dall’Assemblea nazionale.
Obiettivo raggiunto?
«La consultazione popolare di domenica ha raggiunto l’obiettivo: ora sappiamo che cosa vogliono gli ungheresi a proposito della migrazione di massa», ha spiegato, sottolineando che i 3,2 milioni di voti espressi a favore del «no» non potranno essere ignorati. Che poi cinque milioni di ungheresi abbiano deciso di non votare è, per Orban, un dettaglio. Il premier nazionalista ha le idee chiare: «La burocrazia di Bruxelles e la sinistra europea ritengono utile l’immigrazione di massa. E' in corso nella Ue un’accoglienza organizzata e mirata»,alla quale Budapest intende opporsi, consapevole che «sarà una lotta lunga e difficile».
Orban ha molti oppositori
In effetti, l'arma dell'astensione è stata indicata dai maggiori partiti della sinistra, consapevoli che i «sì» non avrebbero vinto, per rendere invalido il referendum. Ma neppure tutta la destra sta con Orban: i responsabili di Jobbik hanno chiesto le dimissioni del premier colpevole di aver «indebolito se non ridicolizzato» l’Ungheria di fronte ai partner europei. Le parole di Gabor Vona, il leader del movimento Jobbik, sono state dure: «Da domenica Orban è un politico fallito. Nessuno più a Bruxelles potrà più stare a sentire seriamente quello che dice. E i burocrati dell’Unione europea potranno trarre vantaggio dal suo grave errore e dalla sua irresponsabilità», ha detto ieri in Parlamento. Aggiungendo: «Signor primo ministro, lei dovrebbe dimettersi come ha fatto David Cameron. So già che non lo farà ma almeno ci deve delle scuse», ha aggiunto.
Dritto per la sua strada (contro Bruxelles)
Il premier ungherese prima del referendum aveva dichiarato che se avesse vinto il sì si sarebbe dimesso. Il sì, però, non ha vinto, ed è un dato innegabile che il 98% di chi ha votato (circa il 40% degli aventi diritto) si è schierato contro le quote. Un dato che, se pure non è quello sperato, per Orban è comunque sufficiente per proseguire dritto sulla propria strada.
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