Migranti, l'UE propone sistema d'asilo uguale per tutti. Funzionerà?
La Commissione europea ha approvato una proposta di revisione delle regole comunitarie d'asilo, valida alle stesse condizioni per gli Stati membri. Ma non è affatto detto che funzionerà.
BRUXELLES - Se ne parlava da tempo, e si è a lungo temporeggiato. Ma ora finalmente Bruxelles ha approvato una proposta di revisione delle regole comunitarie in materia di asili, valida alle stesse condizioni per gli Stati membri. Ci saranno dunque procedure, tempistiche e criteri standard, con l'obiettivo di evitare che i migranti possano scegliere tra un Paese Ue e l'altro in base a dove sia più facile ottenere asilo, e dove il sistema sia migliore e più efficiente. L'idea è quella più volte sventolata lo scorso anno, soprattutto in corrispondenza dei «picchi» della crisi migratoria: le modalità di gestione dei richiedenti asilo dovranno essere meno nazionali, e più europee.
Norme uguali per tutti
La Commissione Ue intende quindi sostituire la direttiva attualmente vigente con un regolamento unico definito, in modo da livellare più facilmente i tempi e i percorsi di accettazione delle domande d'asilo in tutti gli Stati membri, garantendo gli stessi diritti a tutti i migranti. Secondo il commissario europeo per l'Immigrazione Dimitris Avramopoulos, «queste modifiche creeranno un sistema di procedure d'asilo comuni e garantiranno che tutti i richiedenti asilo siano trattati in modo appropriato». Per concedere protezione ci sarà una scadenza massima di sei mesi, con la possibilità di una sola proroga di tre mesi in caso di «pressione sproporzionata» sul sistema nazionale d'asilo o di «complessità» del singolo caso in esame.
Tempistiche e Paesi sicuri comuni
Le domande inammissibili o infondate dovranno invece essere completate in tempi compresi «tra uno e due mesi», peraltro prevedendo scadenze comprese fra una settimana e un mese per i ricorsi dei migranti e un periodo da due a massimo sei mesi per le decisioni di primo appello. L'intento è quello di sburocratizzare le procedure, e ridurre sensibilmente le tempistiche che, qui in Italia soprattutto, bloccano in condizioni di semi-detenzione per lunghi mesi i migranti nei Cara, o, peggio, nei Cie. La Commissione Ue, inoltre, ha proposto di introdurre una sola lista di Paesi sicuri, per sostituire le ventotto liste nazionali attualmente in vigore.
10.000 euro per ogni reinsediamento
E poi c'è il reinsediamento: la Commissione ha infatti ventilato la possibilità che il Paese di accoglienza riceva dalla Ue ben 10 mila euro per ogni migrante arrivato in base al sistema dei reinsediamenti. Il regolamento prevede anche di mettere in piedi un sistema di reinsediamenti su base annuale, in cui i singoli Stati membri decideranno quanti rifugiati saranno legalmente accolti e i Paesi di provenienza: «È una finestra legale genuina per chiudere la porta agli arrivi irregolari», ha detto Avramopoulos, che ha peraltro criticato le differenze nelle procedure d'asilo e nelle condizioni offerte ai migranti negli Stati membri dopo i «movimenti secondari», cioé di coloro che chiedono asilo in Paesi diversi da quello del primo arrivo. La proposta sarà valutata dai governi nazionali e dal Parlamento europeo.
Asilo a scadenza
L'eventuale riforma prevede anche che il diritto d'asilo per i richiedenti sia concesso e riconosciuto nell'Unione europea per un tempo determinato. Perchè, come ha spiegato Avramopoulos, sarà introdotto il principio per cui «viene garantita protezione finché si rende necessario». A tal fine, si vuole prevedere una revisione periodica obbligatoria dello status di rifugiato in funzione degli sviluppi nel Paese di provenienza, in modo da considerare eventuali cambiamenti che potrebbero modificare le condizioni.
L'accordo ci sarà?
La proposta è di per sè un passo positivo verso una regolamentazione che elimini squilibri e differenze, ma, naturalmente, bisognerà vedere se essa diverrà effettivamente realtà. Del resto, quando si parla di Bruxelles, un po' di sano scetticismo è quasi d'obbligo, specialmente in tema di immigrazione. Lo scorso anno, l'Ue ha offerto numerosi esempi di come i dissensi tra gli Stati membri e il vizietto di Berlino ad imporre le proprie modalità abbiano di fatto impedito il raggiungimento di un accordo su un sistema condiviso ed efficace.
Le norme saranno rispettate?
Soprattutto, bisognerà verificare se le norme, anche qualora fossero approvate, verranno effettivamente rispettate e rese operanti dai singoli Paesi. Perché già oggi la legislazione italiana prevede, ad esempio, che i periodi di permanenza nei centri di prima accoglienza, nei Cara o in quelli di identificazione ed espulsione siano di molto inferiori ai lunghi mesi in cui i migranti effettivamente vi rimangono.
L'asilo a tempo funzionerà?
Inoltre, qualche dubbio è legittimo anche sul funzionamento dell'«asilo a tempo»: idea in astratto condivisibile, perché prevede che il «rifugio» venga offerto fino a che le condizioni del Paese di provenienza siano migliorate e il soggetto non sia più a rischio. Eppure, bisognerà verificare secondo quali criteri si stabilirà che il rifugiato non debba più esserlo, e in quali modalità gli potrà essere revocato il diritto d'asilo. Del resto, spesso la stessa assegnazione dello status di rifugiato a una nazionalità piuttosto che a un'altra è soggetta a polemiche, e i cosiddetti «Paesi sicuri» cambiano da uno Stato europeo all'altro: la questione è dunque molto delicata. Senza contare le indubbie difficoltà dell'Europa a funzionare in maniera coordinata, difficoltà già ampiamente esibite specialmente nell'ultimo anno: si pensi soltanto all'impegno a rendere la realizzazione degli hotspot sud-europei parallela alla redistribuzione dei migranti, cosa che non è mai avvenuta. Insomma, oltre agli impegni, ci vogliono i fatti: e di fatti, fino ad oggi, ne abbiamo visti davvero pochi.
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