19 marzo 2024
Aggiornato 06:30
L'ex segretario di Stato già proiettata su duello con Trump

Clinton e Trump verso la nomination

Il secondo «Super Tuesday» pare aver praticamente chiuso i giochi per le nomination democratica e repubblicana.

WASHINGTON - Il secondo «Super Tuesday» pare aver praticamente chiuso i giochi per le nomination democratica e repubblicana. E se Donald Trump si ritrova ora più che mai alle prese con la necessità di conquistare il suo stesso partito, Hillary Clinton si prepara già chiaramente a un duello contro il controverso milionario alle presidenziali di novembre. Trump ha infatti ulteriormente consolidato le sue posizioni, malgrado gli attacchi e le violenze ai suoi comizi e il gruzzolo accumulato dopo questa nuova tornata di primarie gli permette di considerare la nomination a luglio davvero a portata di mano.

Le vittorie di Hillary
Clinton ha battuto Bernie Sanders in almeno quattro delle cinque primarie organizzate ieri, compreso l'Ohio, Stato industriale dove il senatore del Vermont coltivava speranze di una vittoria alimentata dal voto operaio. L'ex first lady ha vinto in Florida, Ohio, North Carolina, Illinois, mentre i dati non definitivi del Missouri la danno comunque in vantaggio: se anche il senatore dovesse spuntarla in questo Stato, si tratterebbe di una vittoria simbolica, a sottolineare come il suo messaggio sulle diseguaglianze economiche sia riuscito a fare breccia tra la classe operaia e produttiva del Paese. In termini numerici, l'ex segretario di Stato, contando i 500 superdelegati che la sostengono, ora dispone di oltre 1.500 delegati, con la barra dei 2.383 necessari per la nomination bene in vista. Sanders ne ha meno di 800. Fatti i conti, Hillary Clinton si proietta già oltre le primarie, lanciando segnali sulla strategia che adotterà contro Trump. «Difenderemo i lavoratori americani in modo che nessuno possa abusare di noi», ha lanciato da West Palm Beach, Florida, ovvero da pochi chilometri di distanza dalla proprietà in cui il businessman repubblicano ha tenuto la sua serata elettorale. «Nè la Cina, nè Wall Street, neppure i dirigenti di impresa superpagati». Parole che appaiono rivolte sia a Sanders, che continua a dichiararsi ottimista «verso l'investitura» e che la accusa di collusione con Wall Street. Sia a Trump, che martella sull'idea che gli Usa non difendono i propri interessi a fronte dei propri partner commercali. Ma ancora più chiaramente contro «The Donald», Hillary ha martellato sulla questione degli immigrati. «Quando un candidato alla presidenziale vuole sbarazzarsi 12 milioni di immigrati, vietare ai musulmani l'ingresso negli usa, quando approva la tortura, non ha niente di forte: ha semplicemente torto», ha affermato Clinton.

L'uragano Trump
Sul versante repubblicano, Donald Trump ha vinto 'alla grande', incassando almeno tre Stati, compreso il bottino più grosso rappresentato dalla Florida, dove il meccanismo «winner take all» gli ha assicurato 99 delegati. La scrematura dei candidati ha visto l'abbandondo del senatore della Florida Marco Rubio, abbattuto dalla sconfitta in Casa. Ora restano in due a sfidare il controverso, ma apparentemente inarrestabile tycoon: il senatore texano Ted Cruz e il governatore dell'Ohio, John Kasich, rinfrancato dalla vittoria in casa. Ma è comunque una vittoria simbolica. Parlando da Palm Beach dal suo super resort, Trump ha detto di voler unire il partito, di voler continuare a vincere proprio per questo motivo. Un discorso con indiretto riferimento alle critiche che gli sono piovute addosso in questi mesi e anche una risposta alle parole di Barack Obama che proprio ieri lo ha definito un candidato «che divide». I conti di ieri sera comunque rafforzano Trump che porta a casa 152 candidati arrivando a 621 totali, seguito da Ted Cruz a 396 (ne ha vinti solo 26 ieri sera) e da John Kasich a 138 (ieri ne ha vinti 75). Detto questo, in Missouri entrambi i candidati potrebbero richiedere il conteggio dei voti visto che la vittoria arriverebbe sul filo del rasoio con uno scarto di poco piu' di mille voti.

Reazioni
Nei primi commenti alle nuove primarie, il Washington Post sottolinea che «l'establishment repubblicano cerca in tutti i modi di poter concludere che la sconfitta subita da Kasich in Ohio significa una brutta nottata per l'imprenditore immobiliarista, complicando il cammino verso i 1.237 delegati che gli servono per blindare formalmente la nomination». Ma se la corsa a tre dovrebbe continuare ancora per qualche settimana, le argomentazioni di risposta alla fatidica domanda «chi fermerà Trump?» suonano sempre più retoriche. «Il partito ora deve decidere se sostenere Trump, candidato quasi inevitabile, e rischiare di venire distrutto da questa candidatura, o respingerlo, sperando che uno dei competitor sopravvissuti possano ottenere la nomination» con uno strappo alla prassi alla convention di luglio, scrive il New York Times in un editoriale. Quando a Clinton, ammonisce il quotidiano newyorchese, «deve fare di più» proprio ora che il distacco da Sanders cresce e continua la sua marcia verso la nomination: «la sua debolezza a fronte dei giovani, degli indipendenti, dell'elettorato maschile e di una parte degli elettori della classe operaia non può essere ignorata».

(Con fonte Askanews)