29 marzo 2024
Aggiornato 09:00
Inchiesta del New York Times

Tasse, affitti, bollette e multe: ecco come si auto-finanza l'Isis

Dall'articolo del quotidiano statunitense emerge come nelle ampie distese di Siria e Iraq, il Califfato ha istituito una burocrazia predatoria e violenta che prosciuga di ogni ultimo dollaro americano, dinaro iracheno e sterlina siriana da coloro che vivono sotto il suo controllo o passano attraverso il suo territorio.

NEW YORK - Tre volte al mese, Mohammad al-Kirayfawai, paga l'equivalente di 300 dollari americani ai combattenti dello Stato Islamico (Isis) per il privilegio di guidare il suo camion frigorifero pieno di gelati e altri prodotti deperibili dalla Giordania alla parte occidentale dell'Iraq, dove gli uomini del Califfo Abu Bakr al Baghdadi sono saldamente al comando. Così è l'esordio di un'inchiesta del New York Times, su come l'Isis riesce a finanziare con almeno un miliardo di dollari all'anno la sua macchina bellica. Un finanziamento fatto in modo del tutto autonomo che permetterebbe all'organizzazione di aggiungerli ai soldi provenienti da riscatti di occidentali rapiti, da donazioni dall'estero oppure dal saccheggio di reperti archeologici e dal contrabbando di petrolio.

Dall'articolo del quotidiano emerge come nelle ampie distese di Siria e Iraq, il Califfato ha istituito una burocrazia predatoria e violenta che prosciuga di ogni ultimo dollaro americano, dinaro iracheno e sterlina siriana da coloro che vivono sotto il suo controllo o passano attraverso il suo territorio.

Al posto di frontiera dove è stato fermato al Kirayfawi, i combattenti considerano il pagamento come una «tasse all'importazione e non una tangente», afferma l'uomo, il quale aggiunge che di essere stato munito di una ricevuta timbrata con il logo e il sigillo dello Stato Islamico. Rifiutare di pagare non è possibile: «Se non lo faccio», spiega Kirayfawai al Nyt, «o mi arrestano o danno fuoco al mio camion».

Pedaggi e sanzioni finanziarie; affitti per gli edifici pubblici; bollette di acqua ed elettricità; imposte sul reddito, tasse su agricultori e propietari di bestiame; e multe per chi fuma o indossa i vestiti sbagliati. Sono queste le voci sotto i quali l'organizzazione terroristica raccoglie i fondi come emerge da una dozzina di interviste fatte dal quotidiano Usa a persone che vivono all'interno oppure recentemente fuggiti dal territorio controllato dall'Isis, oltre a informazioni raccolte da funzionari occidentali e mediorientali.

I guadagni da queste pratiche che simulano quelle di uno Stato, si avvicina a un miliardo all'anno, secondo alcune stime di funzionari americani ed europei; un flusso di entrate che si è finora dimostrato largamente impermeabile alle sanzioni e raid aerei.

«Combattono la mattina e tassano nel pomeriggio», afferma Louise Shelley, esperto di terrorismo e docente presso la George Mason University.

Contrabbando di petrolio, saccheggio dei siti archeologici, riscatto di stranieri rapiti e le donazioni dei sostenitori delle ricche monarchie arabe del Golfo Persico, sono stati fino ad oggi le fonti note di finanziamento che hanno contribuito a rendere il gruppo la più ricca organizzazione militante del mondo. Ma, secondo funzionari occidentali e mediorientali che nel corso dell'ultimo anno hanno acquisito una migliore comprensione delle finanze dello Stato islamico, emrge che la più grande fonte di denaro del Califfato sembra essere il popolo che governa, e le imprese da essa controllate.

All'interno del territorio che controlla, l'Isis, ha ripreso le legittime operazioni di raccolta delle entrate dei governi che ha usurpato. Per sempio, nel quartiere di Bab al-Tob di Mosul, in Iraq, i militanti ha adibito una stazione di polizia che risaliva al periodo ottomano del 19essimo secolo in un mercato, con 60 negozi che vendono frutta e verdura. Il canone annuo per una bancarella è di 2,8 milioni di dinari iracheni, l'equivalente di circa 2.500 dollari.

A Raqqa, città siriana che ora è la capitale del Califfato, un reparto chiamato Diwan al-Khadamat, «Ministero dei Servizi», invia i funzionari ai mercati per raccogliere una tassa di pulizia che si aggira tra 2.500 a 5.000 lire siriane, (circa 7 e 14 dollari) al mese a seconda delle dimensioni del negozio. I residenti vanno ai punti di raccolta per pagare le bollette: 2,5 dollari per il consumo di elettricità e 1,20 dollari per l'acqua.

Un altro Dipartimento di Stato, il Diwan al-Rikaz, «Ufficio delle Risorse», supervisiona la produzione di petrolio e il contrabbando, il saccheggio delle antichità e una lunga lista di altre imprese oggi controllate dai militanti. Questo dipartimento gestisce inoltre impianti imbottigliamento di bibite e acqua, laboratori tessili e di arredamento e le società di telefonia mobile, così come le fabbriche di piastrelle, cemento e industrie chimiche.

L'Isis impone anche un taglio dei ricavi conseguiti dalle piccole imprese. «Noi paghiamo sia in olio d'oliva o in contanti, dipende dalla produzione», ha detto Tarek, un siriano a Beirut, che sostiene il governo del presidente Bashar al-Assad. L'uomo ha chiesto di essere identificato solo con il nome di battesimo, perché i suoi genitori vivono e lavorano nella fattoria di famiglia a Al Bab, una zona controllata dall'Isis al di fuori di Aleppo.

I funzionari del Califfato non amano il termine «tassa», e preferiscono il termine islamico «zakat», che si riferisce alle elemosine che i musulmani sono tenuti a pagare. Anche se la norma sarebbe 2,5 per cento della ricchezza, i militanti stanno prendendo il 10 per cento giustificano così l'elevato tasso: «La nazione è in tempi di guerra», come afferma in condizioni di anonimato un giornalista che vive a Raqqa.

La riscossione di pagamenti per i libri di testo dagli studenti, le multe fatte pagare a persone per la guida dell'auto con le luci posteriori rotte. Sono altri fonti di approvvigionamento dello Stato Islamico. Multe anche nelle punizioni inflitte corporali per aver infranto le risorse regole di vita: Il fumo, per esempio, è vietato, e Mohammad Hamid, 29 anni, arrestato per aver fumato un sigaro nel suo negozio a Mosul, ha detto: «L'Isis non solo mi ha frustato 15 volte in pubblico, ma mi ha costretto a pagare una multa di 50.000 dinari, (circa 40 dollari)».

In tutto, secondo le stime del Nyt, l'Isis con queste pratiche raccoglie 800-900 milioni di dollari all'anno. A questa somma vanno aggiunti i ricavi dal contrabbando di petrolio, che si stima di portare un ulteriore 500 milioni alle casse del gruppo terroristico. Altre decine di milioni di dollari arrivano dai riscatti per i rapimenti.

(con fonte Askanews)