20 aprile 2024
Aggiornato 13:00
La crisi coreana

EXPO come via del dialogo: le due Coree presenti a Milano

La Corea del sud e la Corea del Nord, separate in casa da 70 anni, sono presenti entrambe all'Expo di Milano, la prima con un padiglione e la seconda con un desk, così come era accaduto l'anno scorso alla Biennale di Venezia per l'architettura.

MILANO - La Corea del sud e la Corea del Nord, separate in casa da 70 anni, sono presenti entrambe all'Expo di Milano, la prima con un padiglione e la seconda con un desk, così come era accaduto l'anno scorso alla Biennale di Venezia per l'architettura. E sebbene i rappresentanti di Seoul e Pyongyang non si siano incontrati, «questi sono i filoni - culturale, scientifico, cooperazione allo sviluppo - nei quali si può cercare di fare incontrare le due Coree». Parola di Sergio Mercuri, ambasciatore italiano uscente in Corea, che sottolinea come la divisione della penisola rappresenti una «anomalia enorme» - in una regione del globo, quella dell'Asia-Pacifico dove si intrecciano gli interessi di giganti quali Cina, Stati Uniti, Giappone e Russia, «altamente progressiva» - che rappresenta «un problema per il mondo e non solo per l'Asia» e che, se venisse superata, aprirebbe «nuovi scenari geopolitici».

«La divisione delle penisola coreana è uno dei maggiori interrogativi per il mondo, non solo per l'Asia», spiega l'ambasciatore Mercuri in un colloquio a Seoul con askanews. Accreditato a fine 2011, il rappresentante diplomatico italiano, che rientrerà alla Farnesina in giugno, è ambasciatore sia presso la Repubblica di Corea (Corea del Sud) che presso la Repubblica democratica popolare di Corea (Corea del Nord), dove l'Italia è presente con un ufficio di cooperazione allo sviluppo il cui personale è locale, con la presenza, ad esempio nei giorni scorsi, di esperti italiani di cooperazione. L'Italia è stato il primo Paese del G7 ad aprire relazioni diplomatiche con Pyongyang, nel 2000, e dal 2004 è l'ambasciatore a Seoul, e non più quello a Pechino, a rappresentare il nostro Paese anche a Pyongyang. Il quadro geopolitico della regione è complesso: la Corea del sud è un fedele alleato degli Stati Uniti, che a loro volta hanno una stretta alleanza con il Giappone, con il quale hanno siglato di recente un accordo militare guardato con qualche perplessità a Seoul, che con Tokyo ha antiche pendenze che risalgono al dominio giapponese della Corea e alla successiva seconda guerra mondiale. La Cina, in crescente competition con gli Usa, per un verso è ormai il primo partner commerciale della Corea del sud, per un altro verso è il principale referente della Corea del Nord. «La Repubblica di Corea percepisce questo crescente squilibro di avere per un verso una sicurezza orientata verso gli Stati Uniti e il loro maggiore alleato, il Giappone, per un altro verso di avere rapporti economici crescenti e ormai preponderanti con la Cina», spiega Mercuri. «Questo divario è sempre più evidente».

E in questa ottica va collocata la questione della divisione della penisola coreana dal 1945. «Fra breve, il 15 agosto, si festeggeranno i 70 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale in estremo oriente», ricorda l'ambasciatore italiano. «Quando una vicenda ha la durata della questione coreana, ben più lunga ad esempio della separazione tra le due Germanie, a quella tra le due parti del Vietnam o alla vicenda dello Yemen, è difficile fare paragoni. Di conseguenza fare speculazioni su quello che può accadere è estremamente difficile. Di certo, in una zona del mondo altamente progressiva - il Giappone è un Paese avanzatissimo, la Cina corre, la Corea è già molto avanti anch'essa e financo la parte pacifica della Russia ha ambizioni di sviluppo, per non citare gli Stati Uniti a loro volta un Paese del Pacifico - è un'anomalia enorme questa specie di blocco in un'area in cui vivono 25 milioni di persone che potrebbe benissimo integrarsi e aprire nuovi scenari geopolitici: collegamenti marittimi e terrestri, approvvigionamento delle risorse naturali, oltre a tutte le potenzialità di un grande paese manifatturiero quale la Corea del nord dove la mano d'opera è formata e laboriosa e sarebbe dunque facilmente coinvolgibile nell'industria».

«Quanto questa anomalia possa durare - prosegue il diplomatico italiano - non lo so. E' improbabile che si riproduca la situazione che abbiamo visto ad esempio in Europa nel 1989 perché siamo in un'altra parte del mondo e ci sono altre premesse». Fare paragoni tra le due Coree e le due Germanie, come proprio in questi giorni l'ex cancelliere Gerhard Schroeder è stato invitato a fare al decimo vertice per la pace e la prosperità ospitato dall'isola sudcoreana di Jeju, è dunque un'operazione complessa, che, spiega Mercuri, «rientra un po' nell'auspicio coreano di vedere completarsi una parabola come se ne sono completate altre». In questo momento, «non vi sono molti canali di dialogo bilaterale tra Nord e Sud e riuscire a crearli è difficile per potenze molto presenti nell'area, a cominciare da Russia, Usa, Giappone e Cina, ancora più difficile lo è per l'Europa», che pure, come Unione europea, nel 2010, ha siglato con la Corea del Sud sia un free trade agreement commerciale sia un framework agreement politico, oltre ad intrattenere con Seoul diverse forme di collaborazioni, ad esesmpio nel campo della sicurezza e del cyber crime: «L'Ue ha colto l'importanza della Corea», sottolinea l'ambasciatore. L'alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune, Federica Mogherini, è stata a Seoul il quattro maggio scorso ed entro la fine dell'anno nella capitale sudcoreana si svolgerà il vertice Ue-Corea alla presenza del presidente della Commissione europea Jean-Claude Junker e del presidente del Consiglio Ue Donald Tusk.

In questo contesto, l'Italia in passato «ha dato il proprio contributo - ricorda Mercuri - riunendo su tavoli comuni esponenti del Nord e del Sud su tematiche come quello della denuclearizzazione, della ricerca nel settore nucleare, dello scambio culturale». Se ora non sembra esserci margine per simili iniziative, l'Italia non ha rinunciato, tuttavia, a svolgere un proprio ruolo, continua l'ambasciatore: «La Corea del Sud è presente all'Expo di Milano con un padiglione molto importante. Anche la Corea del Nord - prosegue - ha una piccola presenza, una sorta di desk sulla storia del ciclo di produzione del ginseng, che è una gloria nazionale. Siamo riusciti ad avere non un dialogo, ma se non altro una compresenza delle due Coree a Milano. Le due Coree sono state compresenti anche alla biennale di Venezia dell'architettura lo scorso anno, quando proprio la Corea ha vinto il leone d'oro per l'architettura con una mostra sul tema della urbanistica di Seoul e di Pyongyang. Non siamo riusciti ad ottenere che i rappresentanti dei due paesi partecipassero fisicamente a Venezia - continua il diplomatico - ma i rappresentanti della Corea del Sud hanno sfruttato dei materiali di studio dell'architettura di Pyongyang per accostare in uno studio comparativo oggettivo le similitudine dei due impianti urbanistici. Ciò ha consentito agli ambasciatori di Repubblica democratica popolare di Corea e Repubblica di Corea, pur in momenti distinti, di recarsi da Roma a Venezia a visitare il padiglione». Per l'ambasciatore italiano nel paese asiatico, «questi sono i filoni - culturale, scientifico, sviluppo - nei quali si può cercare di fare incontrare le due Coree».

I rapporti commerciali tra Italia e Corea del Sud, nel frattempo, cavalcano. «E' uno scambio consolidato e differenziato per settori produttivi e merceologici - spiega Mercuri - in cui la meccanica, leggera e strumentale, il settore chimico, i prodotti tessili e la moda, l'agroalimentare sono componenti di uno volume complessivo di dieci miliardi di dollari di interscambio e un consistente avanzo italiano dell'ordine di un miliardo e tre». Solo pochi anni fa, nel 2010, quando è stato siglato il free trade agreement tra Bruxelles e Seoul, l'export italiano si aggirava attorno ai sette miliardi e mezzo. Per fare un paragone, «mentre l'interscambio con la Cina ammonta a 38 miliardi di dollari, ma stiamo parlando di un paese con un miliardo e trecento milioni di persone - sottolinea il rappresentante italiano a Seoul - l'interscambio con la Corea si riescono a scambiare dieci miliardi di beni solo con cinquanta milioni di abitanti».

Si tratta di uno scambio non solo di beni finali ma anche di beni intermedi e strumentali, perché entrambi i paesi, Italia e Corea, sono paesi trasformatori, molto orientati all'import e all'export. La Corea, inoltre, «è un ponte per tutta la zona, è un ottimo hub per interessi da gestire a Tokyo o Pechino, che sono entrambe a due ore di aereo, o per mercati come Russia, Taiwan, Mongolia o sud-est asiatico, per i quali controllare le cose da Seoul può essere vantaggioso, come alcune imprese hanno capito». Lo scambio commerciale «lascia spazio per ulteriori esportazioni italiane - tiene a sottolineare l'ambasciatore italiano - se solo le nostre società percepissero le grandi opportunità che offre la Corea: un paese quinto nel mondo come luogo in cui fare business, con un livello di vita molto vicino a quello della media dell'Unione europea quanto a reddito pro capite, infrastrutture all'avanguardia, assenza di criminalità: tutti elementi per risultare fra i primi in tutte le statistiche Ocse».

Lo stesso vale per il turismo: i coreani chiedono spesso il patrocinio italiano per spettacoli di opera lirica, un convegno su Macchiavelli organizzato nel 130esimo anniversario delle relazioni bilaterali, nel 2014, ha avuto «un successo enorme» e, più in generale, «la popolarità dell'Italia in Corea è elevatissima: arte, cultura, tradizione gastronomica, turismo - spiega Mercuri - sono temi ai quali i coreani, che sono grandi viaggiatori da quando fu liberalizzata nella fine degli anni Settanta la possibilità di andare all'estero, tengono molto. L'Italia - fa presente Mercuri - è una delle tre mete principali dei coreani, con Parigi e la Svizzera. Sono 400mila persone l'anno, fanno un turismo molto intelligente, viaggiano in qualsiasi momento dell'anno, non si fermano solo nelle città principali ma anche nei centri minori, sono turisti ideali, oltre al contributo che fanno in termini di consumo di beni di lusso e marchi griffati. Purtroppo - aggiunge l'ambasciatore - non è pari il flusso di italiani che vengono in Corea, talvolta esitanti perché non conoscono bene il paese. E questo discende anche da una non sempre puntuale attività di informazione della nostra stampa sulla reale situazione della Corea del Sud, sul suo elevato livello di avanzamento e sull'assenza di obiettivi motivi per trascurare questa destinazione».