Ecco che cosa si cela dietro all'avanzata dell'Isis in Iraq
L'Isis è tutt'altro che invincibile, per uomini, mezzi e strategie di lungo periodo. Eppure, la sua avanzata in Iraq - suggellata dalla conquista di Ramadi - è stata favorita dalla disgregazione politica e dalla marginalizzazione delle minoranze. Che nell'Isis hanno visto un'occasione di rivalsa.
RAMADI – Una giornata storica, per lo Stato Islamico, quella di domenica. Ma la conquista di Ramadi non ha tanto palesato la forza dell’Isis, quanto la debolezza dell’esercito e del governo iracheno.
La catastrofe di Ramadi
Non è passato molto tempo da quando il primo ministro Haider al-Abadi, dopo la riconquista di Tikrit, aveva annunciato una simile campagna per liberare la provincia di Anbar. E dopo che il Califfato nero ha allungato le sue mani su Ramadi, le enormi difficoltà delle forze lealiste sono divenute evidenti. Al punto che il primo ministro ha dovuto accettare di ricorrere a milizie sciite in parte controllate da Teheran per la riconquista della provincia, con il rischio – sventolato dagli Stati Uniti – di rinfocolare divisioni settarie in una provincia rigorosamente sunnita.
La debolezza del governo
In effetti, a rendere ancora più complessa una situazione di per sé non semplice sono le divisioni e le rivalità locali, che non permettono alle forze governative di mettere in campo una strategia unitaria efficace. Una componente cruciale di essa – osserva la firma del New York Times Tim Arango – sarebbe dovuta essere infatti quella di armare alcuni gruppi tribali sunniti, ma il piano non può essere espletato in larga scala a causa dell’influenza dei leader politici sciiti di Baghdad.
Aspro settarismo...
D’altra parte, è proprio tale divisione interna ad aver favorito l’avanzata dell’Isis. Secondo Nicola Pedde dell’Osservatorio strategico del CeMiSS, è lecito ricondurre l’escalation che ha portato alla presa di Mosul al deterioramento del clima politico nazionale nel corso degli ultimi due anni. Dopo l’uscita di scena dei militari americani nel 2011, le rivalità tra comunità sciite, sunnite e curde si sono radicalizzate, con una progressiva marginalizzazione della minoranza sunnita: di qui, il settarismo che tutt’oggi predomina.
...tutto a vantaggio dello Stato Islamico
Un terreno che l’Isis ha subito riconosciuto come fertile: a fronte di un’evidente difficoltà in Siria, lo Stato Islamico ha visto nell’Iraq l’occasione per lavare via l’onta della sconfitta e procacciarsi le risorse economiche necessarie. Furono le elezioni politiche del 30 aprile 2014 a costituire l’emblema della frattura politica, con la scarsissima affluenza alle urne della comunità sunnita. Comunità ormai convinta dell’impossibilità di una convivenza civile con la maggioranza sciita, e sempre più orientata ad individuare nelle formazioni jihadiste l’occasione per «liberare» i territori a maggioranza sunnita. Ecco perché la conquista di Mosul da parte dei jihadisti è stata portata a termine praticamente senza colpo ferire.
Volontà di rivalsa delle minoranze intercettata dall'Isis
Alle mire dell’Isis – tutt’altro che invincibile per mezzi, uomini e strategie di lungo periodo – si è dunque sovrapposto il tentativo di rivincita politica di una parte della comunità sunnita, oltre che curda, irachena. Che dopo oltre dieci anni di dominio politico sciita ha deciso di giocare la carta del controllo diretto del territorio e del confronto armato con l’avversario. Ecco, perciò, cosa si cela dietro a Mosul prima e Ramadi poi: un Iraq disintegrato da una pessima gestione politica post-bellica e dalla marginalizzazione delle minoranze. Che, alla fine, hanno visto nell’Isis il male minore. Oltre a una possibile rivincita.
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