29 marzo 2024
Aggiornato 11:00
Diritti Umani

Nel 2014 brusca impennata delle condanne a morte nel mondo

Questo il quadro fotografato dal nuovo rapporto di Amnesty International, che evidenzia come il ricorso alla pena capitale sia aumentato nel «futile tentativo di contrastare criminalità, terrorismo e instabilità interna»

ROMA (askanews) - Il 2014 ha visto una brusca impennata delle condanne a morte nel mondo, ben 2.466 casi, il 28% in più rispetto al 2013. Sono state registrate 607 esecuzioni, ovvero il 22% in meno, con l'eccezione della Cina, che mantiene il primato mondiale di esecuzioni: questo il quadro fotografato dal nuovo rapporto di Amnesty International, che evidenzia come il ricorso alla pena capitale sia aumentato nel "futile tentativo di contrastare criminalità, terrorismo e instabilità interna». Egitto e Nigeria hanno contribuito in modo significativo ad alzare il bilancio mondiale della pena di morte. Le esecuzioni hanno avuto luogo in 22 Paesi, lo stesso numero del 2013.

Nel suo rapporto annuale, Amnesty segnala in particolare "un allarmante aumento del numero dei Paesi che hanno usato la pena di morte per contrastare reali o presunte minacce alla sicurezza collegate al terrorismo, alla criminalità o all'instabilità interna".

Il numero delle condanne a morte registrate nel 2014 supera di quasi 500 quello del 2013, soprattutto a causa di Egitto e Nigeria, che hanno emesso condanne di massa nel contesto del conflitto interno e dell'instabilità politica che hanno caratterizzato i due paesi.

"I governi che usano la pena di morte per contrastare la criminalità ingannano sé stessi. Non c'è prova che la minaccia di un'esecuzione costituisca un deterrente più efficace rispetto a qualsiasi altra sanzione" - ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International.

"Nel 2014 la lugubre tendenza dei governi a usare la pena di morte nel futile tentativo di contrastare minacce reali o immaginarie alla sicurezza dello stato e alla salute pubblica è stata evidente. È davvero vergognoso che così tanti stati del mondo giochino con la vita delle persone, eseguendo condanne a morte per 'terrorismo' o per venire a capo dell'instabilità interna, sulla base della falsa teoria della deterrenza" - ha aggiunto Shetty.

Nell'analisi sull'uso della pena di morte nel 2014, si trovano però anche buone notizie: il numero delle esecuzioni registrate è stato inferiore a quello del 2013 e diversi paesi hanno intrapreso passi avanti verso l'abolizione della pena capitale.

I principali esecutori di condanne a morte
Ancora una volta, la Cina ha messo a morte più persone che il resto del mondo complessivamente considerato. Amnesty International ritiene che in quel paese ogni anno siano emesse ed eseguite migliaia di condanne a morte, il cui numero è però impossibile da determinare a causa del segreto di stato.

Della lista dei cinque paesi principali esecutori di condanne a morte, fanno poi parte l'Iran (289 esecuzioni rese note dalle autorità e almeno 454 non riconosciute), l'Arabia saudita (almeno 90 esecuzioni), l'Iraq (almeno 61) e gli Stati uniti d'America (35).

Escludendo la Cina, nel 2014 sono state registrate almeno 607 esecuzioni. Rispetto alle 778 del 2013, il calo è risultato di oltre il 20 per cento.

Come nel 2013, le esecuzioni hanno avuto luogo in 22 Paesi. Nel 1995, 20 anni fa, i paesi che avevano eseguito condanne a morte erano stati 41, a conferma della chiara tendenza globale abolizionista.

"I numeri parlano da soli: la pena di morte sta diventando un ricordo del passato. I pochi Paesi che ancora la usano devono guardarsi seriamente allo specchio e chiedersi se vogliono continuare a violare il diritto alla vita oppure aggiungersi all'ampia maggioranza dei paesi che hanno abbandonato questa sanzione estrema, crudele e disumana" - ha commentato Shetty.

La preoccupante tendenza a combattere le minacce alla sicurezza interna ricorrendo alla pena di morte è visibile in ogni parte del mondo, sottolinea il rapporto: Cina, Pakistan, Iran e Iraq hanno eseguito condanne a morte per reati di "terrorismo".

Il Pakistan ha ripreso le esecuzioni dopo l'orribile attacco dei talebani contro una scuola di Peshawar. A dicembre sono state messe a morte sette persone e il governo ha annunciato centinaia di esecuzioni per reati di "terrorismo». Nei primi mesi del 2015 è stato registrato un alto livello di esecuzioni.

In Cina, il governo ha usato la pena di morte come strumento punitivo nella campagna denominata "Colpire duro", lanciata contro la rivolta della Regione autonoma uigura dello Xinjiang. Durante l'anno, sono state messe a morte almeno 21 persone per tre distinti attentati, mentre tre persone sono state condannate a morte in un processo pubblico di massa tenutosi in uno stadio, di fronte a migliaia di spettatori.

In altri Paesi, come Arabia Saudita, Corea del Nord e Iran, i governi hanno continuato a usare la pena di morte come strumento per sopprimere il dissenso politico.

Altri Paesi hanno fatto ricorso alla pena di morte nel futile tentativo di abbattere i livelli di criminalità. A dicembre la Giordania ha posto fine a una moratoria che durava da otto anni mettendo a morte 11 condannati per omicidio nel dichiarato intento di porre fine a un'ondata di criminalità. Il governo dell'Indonesia ha annunciato l'intenzione di procedere alle esecuzioni, soprattutto nei confronti di trafficanti di droga, per porre fine a una "emergenza nazionale" relativa alla salute pubblica: intenzione portata a termine nel 2015.

Rispetto al 2013 il numero delle condanne a morte registrate nel 2014 è aumentato drasticamente: almeno 2466 rispetto a 1925. L'aumento di oltre un quarto delle condanne a morte è stato causato essenzialmente dagli sviluppi in Egitto e Nigeria, dove centinaia di persone sono state condannate alla pena capitale.

In Nigeria, nel 2014 sono state emesse 659 condanne a morte, con un aumento di oltre 500 rispetto alle 141 del 2013. In una serie di processi, i tribunali militari hanno condannato a morte una settantina di soldati per ammutinamento, nel contesto del confitto interno contro Boko haram.

In Egitto, le condanne a morte inflitte nel 2014 sono state almeno 509, 400 in più rispetto al 2013. In due processi di massa, celebrati attraverso procedure inique, sono state emesse 37 condanne a morte ad aprile e 183 a giugno.