29 marzo 2024
Aggiornato 13:30
Discorso sullo Stato dell'Unione

Obama: «No a nuove sanzioni all'Iran»

Nel suo quinto discorso sullo Stato dell'Unione, il presidente americano ha infatti sottolineato il merito della diplomazia statunitense nell'accordo raggiunto lo scorso novembre per la sospensione del programma nucleare di Teheran: «Lo Stato ebraico sa di poter contare sempre sull'America»

WASHINGTON - Barack Obama ha minacciato di ricorrere al veto in caso di future nuove sanzioni del Congresso contro l'Iran che potrebbero ostacolare il buon esito dei negoziati. Nel suo quinto discorso sullo Stato dell'Unione, il presidente americano ha infatti sottolineato il merito della diplomazia statunitense nell'accordo raggiunto lo scorso novembre per la sospensione del programma nucleare di Teheran. «Le trattative saranno difficili, magari non andranno a buon fine - ha ammesso - ma se John Kennedy e Ronald Reagan sono riusciti a negoziare con l'Unione Sovietica, un'America forte e sicura di sè può oggi trattare con avversari meno potenti».

Obama ha quindi ricordato che entro la fine del 2014 le forze americane lasceranno l'Afghanistan e se il presidente Hamid Karzai firmerà l'accordo sulla sicurezza verrà lasciata una piccola parte delle truppe che, in collaborazione con gli alleati della Nato, addestreranno le forze afgane. Tuttavia, ha chiarito Obama, «il pericolo del terrorismo rimane» e dobbiamo «restare vigili».

Il presidente ha poi ribadito l'impegno degli Stati Uniti affinchè il popolo siriano abbia «il futuro che merita, libero dalla dittatura, dal terrore e dalla paura». Infine ha ricordato che «la diplomazia americana sta sostenendo israeliani e palestinesi a portare avanti un difficile ma necessario dialogo». L'obiettivo, ha detto Obama, è «raggiungere la dignità e uno stato indipendente per i palestinesi e pace e sicurezza duratura per Israele, uno stato Ebraico che sa di poter contare sempre sull'America».

GLI INVESTITORI PREFERISCONO GLI USA ALLA CINA - La Cina non è più la meta preferita per gli investimenti internazionali, ma gli Stati Uniti. A dirlo, nel discorso pronunciato ieri sullo stato dell'Unione, è stato il presidente americano, Barack Obama, che ha lanciato «l'anno della svolta», dopo un 2013 pieno di ostacoli. Tra i passaggi meno sottolineati, nel suo discorso durato poco più di un'ora, ci sono quelli in cui ha citato la Cina, l'avversario economico più temibile.

«Per la prima volta in oltre un decennio, i manager di tutto il mondo hanno dichiarato che la Cina non è più al primo posto tra le destinazioni dove investire; lo è l'America» ha detto, durante un discorso incentrato quasi esclusivamente sulle tematiche nazionali.

Obama, a quanto pare, ha fatto riferimento a uno studio della società di consulenza A.T.
Kearney, che ha stilato un indice sulla fiducia degli investitori, secondo cui, per la prima volta dal 2001, gli Stati Uniti hanno superato la Cina, per tornare a essere la meta preferita; al terzo posto c'è il Brasile, al settimo il primo Paese europeo (la Germania), mentre dalla lista dei primi 25 Stati manca l'Italia. «Per questo credo che possa essere un anno di svolta per l'America. Dopo cinque anni di sforzi compiuti con determinazione, gli Stati Uniti sono posizionati per il ventunesimo secolo meglio di qualsiasi altro Paese al mondo» ha aggiunto.

La Cina, poi, è stata menzionata in un secondo passaggio, parlando della possibilità di creare posti di lavoro con partnership per le esportazioni. Obama ha detto che, quando il 98% degli esportatori americani è costituito da piccoli imprenditori, gli accordi commerciali con Europa e Asia-Pacifico potranno aiutare a creare occupazione. «Dobbiamo lavorare insieme su strumenti come un'autorità per la promozione del commercio bipartisan per proteggere i nostri lavoratori, proteggere l'ambiente e aprire a nuovi mercati i nuovi beni 'Made in the Usa'. Cina ed Europa non sono ai margini, e non dovremmo starci nemmeno noi».

Secondo il rapporto 2013 dell'Organisation for International Investment, gli investimenti stranieri diretti negli Stati Uniti hanno raggiunto i 2.700 miliardi nel 2012 e i britannici restano i primi investitori con 487 miliardi di dollari; alle loro spalle, giapponesi e olandesi con 308 e 275 miliardi di dollari.
Tra i Paesi del cosiddetto Brics - Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica - la Cina è il più grande investitore, con 1,4 miliardi di dollari.