26 aprile 2024
Aggiornato 19:00
La Conferenza ONU sul Clima in Sudafrica

Clima, al via la Conferenza di Durban

Cercherà di riavviare i negoziati ONU. Sul tavolo il futuro del protocollo di Kyoto. Zuma: Questione di vita o di morte. Ong Fair: Necessario un accordo concreto e vincolante. Oxfam chiede la sopravvivenza del protocollo di Kyoto

DURBAN - Limitare il riscaldamento a due gradi centigradi per scongiurare gli effetti più devastanti del cambiamento climatico: sotto l'egida Onu riprendono in Sudafrica i negoziati per cercare di avvicinare un obiettivo che appare oggi più inaccessibile che mai. Nonostante l'emergenza climatica, il tema è precipitato nell'agenda diplomatica dopo Copenaghen, il vertice del 2009 che doveva essere il gran galà della lotta globale al cambiamento e che invece si è chiuso nella confusione, con un compromesso minimo siglato alla chetichella dai principali capi di Stato. Dopo aver cercato di rimettere assieme i pezzi l'anno scorso a Cancun, i negoziatori di più di 190 paesi, che verranno raggiunti sul finale dai loro ministri, tenteranno dal 28 novembre al 9 dicembre a Durban di ritrovare la rotta dell'iniziativa Onu avviata nel 1992.

Le emissioni di gas serra anche nel 2010 hanno raggiunto livelli record e gli scienziati lanciano l'allarme: il riscaldamento medio sarà di quattro gradi, ben oltre la soglia dei due gradi che dovrebbe garantire impatti limitati sulla società e sull'economia. In un mondo con quattro gradi in più, «l'estate 2003, in cui abbiamo conosciuto un'ondata di calore straordinaria in agosto in Europa, sarà un'estate nella media nel 2040 e una delle più fresche nel 2060» pronostica Artur Runge-Metzger, capo negoziatore sul clima dell'Unione europea.
Un segnale forte, richiesto a gran voce dai paesi emergenti, sarebbe di dare un futuro al protocollo di Kyoto. Quello di Kyoto è un trattato simbolico, il solo che impone obiettivi di riduzione dei gas serra a gran parte dei paesi industrializzati, anche se, con l'assenza di Usa, Cina, India e Brasile, copre ormai meno del 30% delle emissioni globali. Il primo periodo di impegni previsto dal protocollo si chiude nel 2012 e molti paesi, come Giappone, Russia e Canada, non vogliono saperne di un trattato che gli Usa si rifiutano di firmare e a cui la Cina sfugge. Il blocco di Kyoto invierebbe un pessimo segnale a pochi mesi dalla festa, a giugno in Brasile, per il ventesimo anniversario dell'Earth Summit di Rio de Janeiro.

Sul tavolo il futuro del protocollo di Kyoto - Il futuro di Kyoto sembra dunque poggiare su un rinnovato impegno dell'Unione europea, responsabile dell'11% delle emissioni globali. In cambio però gli europei chiedono una «road map» che impegni tutte le grandi economie in un «quadro vincolante» globale che potrebbe essere varato nel 2015 ed entrare in vigore nel 2020. Ma non è chiaro se Cina e Usa siano disposti a impegnarsi sulla road map.
Sempre più paesi comprendono la posizione europea perchè vedono che non si riuscirà a fare quello di cui hanno bisogno i paesi più deboli, a meno che le grandi economie non si impegnino» sostiene la commissaria europea al clima Connie Hedegaard. Senza un quadro globale, che a Copenaghan non è stato possibile realizzare, la lotta contro il cambiamento climatico si fonda solo sulle promesse volontarie dei singoli paesi. Che la momento rappresentano il 60% di quel che ci vorrebbe per restare sotto i due gradi. Unica consolazione, il fatto che le promesso ufficiali spesso non tengono conto di tutte le iniziative prese dai paesi, Cina compresa, per rendere più verdi le loro economie.
La conferenza di Durban poi dovrebbe consentire un avanzamento sul tema del finanziamento. Va dettagliata in particolare la struttura del «fondo verde», un meccanismo che dovrebbe permettere ai paesi ricchi di aiutare i più vulnerabili, con l'obiettivo di trasferire 100 miliardi di dollari l'anno a partire dal 2020. Una questione che sarà seguita con attenzione dai paesi africani, i meno attrezzati a proteggersi dagli sconvolgimenti del clima che si preparano.

Zuma: Questione di vita o di morte - «Per molte persone nei Paesi in via di sviluppo e in Africa, il cambiamento climatico è una questione di vita o di morte»: è quanto ha dichiarato il presidente sudafricano Jacob Zuma intervenendo alla inaugurazione della conferenza di Durban dove oggi, sotto l'egida dell'Onu, sono ripresi i negoziati per tentare di scongiurare gli effetti più devastanti del cambiamento climatico.
«Come conferenza africana, il risultato di questa 17esima conferenza sul cambiamento climatico dovrà riconoscere che risolvere il problema del clima non può prescindere dalla lotta contro la povertà», ha aggiunto il presidente sudafricano che è giunto quaranta minuti in ritardo alla cerimonia di apertura dei lavori.
A Durban i negoziatori di più di 190 Paesi, che verranno raggiunti sul finale dai loro ministri, tenteranno fino al 9 dicembre di ritrovare la rotta dell'iniziativa Onu avviata nel 1992 con il Protocollo di Kyoto. Obiettivo primario è tentare di limitare il riscaldamento globale a due gradi centigradi, obiettivo che al momento appare quanto mai inaccessibile.

Ong Fair: Necessario un accordo concreto e vincolante - Dalla conferenza sul Clima dell'Onu iniziata oggi a Durban, in Sudafrica «è necessario che esca un accordo concreto e vincolante perchè gli impatti del cambiamento climatico sono già evidenti e colpiscono in primis le comunità più fragili». Lo afferma Alberto Zoratti, dell'organizzazione equosolidale Fair presente a Durban all'interno della Rete internazionale Climate Justice Now! «Le recenti inondazioni in Thailandia, dovute a piogge monsoniche estreme, così come le siccità devastanti che si stanno vivendo nel Corno d'Africa e in alcune zone del Pacifico dimostrano come il tempo stia scadendo», sottolinea Zoratti in un comunicato.
«Centinaia di milioni di piccoli produttori sono a rischio ed il paradosso è che gli impatti più pesanti verranno subiti nelle zone più povere, come l'Africa Subsahariana», continua Zoratti. «C'è quindi bisogno di una forte mobilitazione delle coscienze, che parta dal cambiamento di stili di vita verso modelli sostenibili, ma che parli anche di una forte pressione sui Governi perchè assumano la questione del cambiamento climatico come una priorità al pari della crisi economica e finanziaria».

Oxfam chiede la sopravvivenza del protocollo di Kyoto - Oxfam chiede ai governi riuniti a Durban di centrare tre obiettivi fondamentali: la sopravvivenza del protocollo di Kyoto e l'impegno a concludere al più presto un nuovo accordo esaustivo e legalmente vincolante; incrementare i tagli alle emissioni di CO2 prima del 2020 per mantenere il riscaldamento globale sotto la soglia dei 2 gradi centigradi; assicurare i fondi a lungo termine per aiutare i più poveri ad affrontare i cambiamenti climatici. In particolare, il Fondo verde per il clima non può restare un contenitore vuoto, ma deve essere dotato delle risorse necessarie per entrare in funzione.
Gli eventi climatici estremi mettono a rischio la sicurezza alimentare in molti Paesi del mondo, riducendo milioni di persone in condizioni di fame e povertà. L'impatto dei cambiamenti climatici nel biennio 2010-2011 è illustrato nello studio Eventi climatici estremi: una minaccia per la sicurezza alimentare, diffuso oggi da Oxfam in occasione dell'apertura della conferenza Onu sul clima di Durban.
Secondo la ricerca, gli eventi climatici estremi sempre più frequenti avranno un pericoloso impatto sui raccolti e sui prezzi alimentari, riducendo le scorte, destabilizzando i mercati e provocando improvvise impennate dei prezzi. «Dal Corno d'Africa al Sudest asiatico, dalla Russia all'Afghanistan, un anno di inondazioni, siccità e caldo estremo ha contribuito a diffondere fame e povertà», dichiara Kelly Dent, portavoce di Oxfam. «Lo scenario può soltanto peggiorare perché i cambiamenti climatici si intensificano e gli agricoltori devono fare i conti con le alte temperature. I governi riuniti a Durban devono agire ora per salvaguardare le scorte di cibo ed evitare che milioni di persone finiscano per soffrire fame e povertà».