19 aprile 2024
Aggiornato 13:30
La più grande catastrofe petrolifera della storia

Un anno fa il disastro del Golfo: 60 miliardi di danni

Obama promette: «Andremo fino in fondo per accertare le responsabilità. 2.000 soccorritori stanno ancora lavorando attivamente nel Golfo»

NEW YORK - Il 20 aprile di un anno fa iniziava la più grande catastrofe petrolifera della storia. La trivella della piattaforma Deepwater Horizon, di proprietà della British Petroleum, stava completando un pozzo petrolifero su un fondale profondo 400 metri, a meno di 100 chilometri dalla costa della Louisiana. Improvvisamente un'esplosione innescò un violento incendio che uccise11 persone, ferendone 17. Si apriva la crisi del Golfo del Messico, che sarebbe durata per 106 lunghi giorni, con il versamento in mare di oltre 5 milioni di barili di petrolio che hanno devastato le acque della Louisiana, del Mississippi, dell'Alabama e della Florida. Si tratta del più grave disastro ambientale nella storia americana.

Il pozzo si chiamava Macondo, uno scherzo del destino che rimanda a un altro tragico finale, quello che ha per protagonista il paese omonimo evocato da Gabriel Garcia Marquez in «Cent'anni di solitudine». Ma i danni provocati non sono letteratura, e la catastrofe per l'ambiente e per l'uomo è di entità incalcolabile: 6.000 uccelli morti, 1.700 chilometri di costa inquinata, 100 chilometri di terreni paludosi il cui ecosistema appare irreversibilmente danneggiato.

L'agenzia di rating Moody's ha calcolato che il costo finale che la British Petroleum dovrà pagare per riparare al disastro potrebbe toccare i 60 miliardi di dollari. Il presidente degli Stati Uniti, a un anno esatto dal disastro, ha fatto sapere che la sua amministrazione non dimentica e intende perseguire i responsabili fino in fondo: «Continuiamo a ritenere la BP e gli altri soggetti coinvolti pienamente responsabili per i danni che hanno provocato e per le dolorose perdite che hanno causato», ha affermato Barack Obama in un comunicato diffuso oggi. Il presidente Usa ha ricordato che «2.000 soccorritori stanno ancora lavorando attivamente nel Golfo, mentre l'agenzia federale per la protezione dell'ambiente sta conducendo una task force per coordinare le attività di risanamento a lungo termine sulla base degli input di scienziati locali, esperti e cittadini». Infine ha sottolineato che la sua amministrazione realizzerà «riforme aggressive» per evitare future catastrofi simili.

L'anniversario del disastro ha dato nuovo vigore alle polemiche, che vedono in prima fila alcuni scienziati secondo i quali l'entità dei danni è ampiamente sottostimata. «Una quantità terribile di petrolio è ancora dispersa nell'ambiente», ha detto Ian McDonald, oceanografo della Florida State University che da tempo lavora nel Golfo, al Washington Post. Lo scienziato contesta il rapporto della Noaa, l'agenzia del governo federale che si occupa di clima e oceani, secondo la quale almeno il 25 per cento del greggio rilasciato risulterebbe evaporato o dissolto nell'acqua, un altro 30 per cento sarebbe stato vaporizzato in particelle finissime venendo poi riassorbito attraverso l'azione dei batteri marini, e il 5 per cento sarebbe bruciato sulla superficie del mare.