26 aprile 2024
Aggiornato 03:30
Crisi libica

Da Gheddafi milioni ai PR americani per rifarsi l'immagine

Dal 2006 una società di Boston organizzava visite dei vip al rais

TRIPOLI - Soltanto pochi anni prima di trovarsi a combattere contro i ribelli, Muammar Gheddafi investiva milioni di dollari l'anno per una campagna di relazioni pubbliche che contribuisse a procurargli la reputazione di uomo di stato e riformatore a livello internazionale. Stando ad alcuni documenti confidenziali di cui parla la Cnn, il Colonnello ingaggiò nel 2006 una società di consulenza di Boston, The Monitor Group, per elaborare una strategia di PR che prevedeva contratti ad analisti dei think-tank ed ex funzionari governativi perché andassero in Libia a tenere lezioni o dibattiti e, in alcuni casi, a incontrare personalmente Gheddafi.

Da un memo spedito dalla Monitor nel 2007 al capo dell'intelligence di Gheddafi, si evince che l'obiettivo dell'operazione fosse «potenziare a livello internazionale la comprensione e l'apprezzamento per la Libia», «enfatizzare l'emergere della nuova Libia» e «presentare Muammar Gheddafi come un pensatore e un intellettuale». Il tutto per la modica cifra di 3 milioni di dollari l'anno (poco più di due milioni di euro) più le spese per prestazioni che comprendevano consulenze, briefing, analisi, e un flusso stabile di visitatori di alto profilo in Libia: almeno uno al mese.

Le prove sono state pubblicate online dall'opposizione libica. Eamonn Kelly, socio senior al Monitor Group, ha avviato un'indagine interna, pur sottolineando che il cosiddetto 'programma di visite' era solo la piccola parte di una più vasta campagna di sostegno alla società civile libica. La maggior parte del lavoro, ha spiegato alla Cnn, consisteva nel portare formazione ed expertise nel paese con l'obiettivo di «promuovere riforme, migliorare la prosperità economica del paese e del popolo, modernizzare le istituzioni». «Non stavamo lavorando per Gheddafi - ha precisato - lavoravamo per la Libia».
Dopo un anno di lavoro, un memo del 2007 citava fra i risultati della Monitor una decine di visite di alto profilo, che andavano dal conduttore televisivo britannico David Frost a eminenti accademici come Francis Fukuyama della Stanford University. La Monitor si attribuiva anche il merito di una copertura mediatica favorevole, citando cinque o sei articoli scritti da alcuni dei partecipanti che aveva sponsorizzato.

Per esempio, nel memo si menziona un commento che scrisse Benjamin Barber sul Washington Post intitolato «La Libia di Gheddafi: Un alleato per l'America?» e un articolo di Andrew Moravcsik per Newsweek dal titolo «A Rogue Reforms», che suona più o meno come «Una canaglia che riforma». Anche se la società si è vantata di aver «fornito sostegno operativo per la pubblicazione di articoli positivi sulla Libia» non c'è alcuna prova che i pezzi siano stati scritti dietro pressioni della Monitor, sottolinea la Cnn.

Quanto ai partecipanti del programma, contattati dall'emittente Usa, hanno tutti sostenuto di aver pensato di essere stati pagati per le conferenze che tenevano o le lezioni ai funzionari libici. In generale, hanno risposto che accettarono di andare in Libia per curiosità in un momento in cui il regime aveva intrapreso dei passi positivi verso l'Occidente e sembrava effettivamente aperto al cambiamento.