19 aprile 2024
Aggiornato 21:00
Crisi libica

Prende corpo l'ipotesi dell'esilio per Gheddafi

In partenza per Tripoli l'inviato delle Nazioni Unite. Clinton: «Gheddafi deve andarsene e stiamo lavorando con la comunità internazionale per arrivarci»

NEW YORK - Dopo dieci giorni di bombardamento sulla Libia e mentre non si prospettano sviluppi significativi della situazione sul terreno, le diplomazie occidentali e arabe cominciano a usare apertamente una parola che finora si era solo sussurrata: esilio. Dal britannico William Hague all'italiano Franco Frattini, i ministri degli Esteri alla conferenza di Londra ormai dicono che sì, Muammar Gheddafi in esilio potrebbe essere una soluzione.

Anche Hillary Clinton suggerisce che per il dipartimento di Stato di Washington la fuga del colonnello sia accettabile. «Ci sono tantissime conversazioni in corso», ha detto Clinton alla conferenza, «Gheddafi deve andarsene e stiamo lavorando con la comunità internazionale per arrivarci». Dopo le parole del capo della diplomazia americana, è un funzionario anonimo a spiegare, parlando con il New York Times, e a dire che i contatti ad alto livello con il regime di Tripoli continuano: «Ci sono segnali che la gente vicina a Gheddafi sta cominciando a pensare al futuro». Non è ancora un negoziato, fa sapere la fonte. Ma per quello l'entourage di Gheddafi potrà parlare fra poco con l'inviato delle Nazioni Unite in arrivo a Tripoli, il giordano Abdelilah Mohammed al-Khatib. Ufficialmente la missione è quella di mediare tra il governo e i ribelli con la benedizione della comunità internazionale, ma non è difficile immaginare che i gerarchi in cerca di un'uscita, o di un modo per liberarsi del colonnello, potrebbero discutere del finale della partita con un diplomatico arabo.

Resta da vedere cosa potrebbe offrire al-Khatib a Gheddafi in cambio della fuga e della consegna del paese a un governo di transizione. Il linguaggio adoperato dai leader della coalizione finora è stato chiaro sulla responsabilità del leader libico nei massacri: parole neppure tanto velate per indicare un futuro processo per crimini contro l'umanità. Un processo dal quale Gheddafi potrebbe salvarsi andando in esilio. Questa potrebbe essere l'offerta portata da al-Khatib.

E se Gheddafi accettasse? Nessuno ha finora indicato la disponibilità a ricevere un ospite tanto scomodo, ma i candidati credibili sono due. Il primo è il Venezuela, il cui uomo forte Hugo Chavez, noto ammiratore di Gheddafi, aveva proposto a febbraio una mediazione venezuelana con i ribelli, poi neppure avviata. Il secondo è lo Zimbabwe, governato da un altro despota africano considerato un paria dalla comunità internazionale: Robert Mugabe. Già a febbraio le voci di partenza imminente del colonnello per lo Zimbabwe si erano rincorse, per poi scomparire nella foga dei combattimenti.