19 aprile 2024
Aggiornato 14:00
Crisi libica

Crescono i dubbi sulla missione, Italia vuole la Nato

Russia critica, Putin: «La risoluzione ricorda le crociate». Anche dagli Usa arrivano oggi nuovi messaggi di cautela

TRIPOLI - Di fronte alla «coalizione dei volenterosi», crescono i dubbi di alcuni Paesi e organizzazioni sull'effettiva utilità e scala dell'intervento aereo degli ultimi due giorni sulla Libia, percepito come eccessivo rispetto alla creazione di una zona di interdizione al volo. Tra questi India, Cina, Russia (tra le nazioni ad essersi astenute in sede Onu sulla risoluzione 1973) e molti Paesi emergenti; altri, fra cui l'Italia e la Gran Bretagna, chiedono invece un coinvolgimento diretto della Nato, anche, a quanto pare, per frenare l'ardore della Francia.
Tra i motivi di un atteggiamento così diversificato, oltre all'aspetto politico e umanitario, probabilmente anche il fattore 'petrolio': a più riprese, prima del semaforo verde ai raid, le autorità di Tripoli e lo stesso Gheddafi avevano offerto le risorse energetiche del paese a «India, Cina, Russia».

A obiettare su opportunità e modalità di «Odyssey Dawn» è innanzitutto la Russia, che già aveva espresso il proprio «rammarico» per l'intervento militare: il premier Vladimir Putin ha sottolineato come la risoluzione 1973 - approvata, secondo Mosca, in modo eccessivamente «affrettato» - «autorizzi qualsiasi cosa a chiunque, contro uno Stato sovrano»; una situazione che «fa pensare al richiamo alle Crociate del Medio Evo», ha concluso Putin.

Ma anche diversi paesi occidentali che partecipano alle operazioni hanno mostrato oggi perplessità. L'Italia ha lanciato i primi raid, come ha confermato oggi l'Aeronautica, ma le opinioni al governo non sono unanimi. La questione è anche politica visto che la Lega ha espresso il suo malcontento per la missione. E mentre il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ha annunciato l'invio di altri due aerei, da Bruxelles il titolare degli Esteri Franco Frattini ha lanciato oggi un chiaro avvertimento ai partner della coalizione: le operazioni dovranno essere sotto comando e controllo Nato, altrimenti l'Italia potrebbe riservarsi l'uso delle proprie basi solo per operazioni a comando condiviso. «E' la Nato che deve prendere il comando: per condividere responsabilità gravi e metterle in comune, ognuno deve sapere ciò che fanno gli altri. La Nato ha l'esperienza e la responsabilità, e quello dell'Europa e del Mediterraneo è il suo teatro 'classico'», ha detto il ministro.

Anche dagli Usa arrivano oggi nuovi messaggi di cautela: gli Stati Uniti «diminuiranno presto» il proprio ruolo nelle operazioni in corso in Libia per l'applicazione della risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dell'Onu: lo ha affermato il Segretario alla Difesa Robert Gates, intervistato dall'agenzia di stampa russa Interfax. Un chiarimento lo chiede anche la Norvegia, che in attesa di conoscere quale sia la situazione precisa per quel che riguarda il commando delle operazioni, ha sospeso la partecipazione dei propri caccia alle missioni in corso.

Il ministro degli Esteri francese, Alain Juppé - che ha definito l'intervento «un successo» perché ha permesso di evitare «un bagno di sangue» dei civili a Bengasi - ha a questo proposito annunciato che la coordinazione dell'intervento compete agli Stati Uniti «in stretta collaborazione con Francia e Gran Bretagna«» ma «la Nato è disposta a prestare il proprio sostegno entro qualche giorno». Un intervento dell'Alleanza, però, implica un assenso da parte della scettica Turchia.