28 marzo 2024
Aggiornato 13:00
La rivolta in Libia

Gheddafi più debole di Bashir, rischia l'arresto

E' quanto ha dichiarato a TM News Paola Gaeta, professore di diritto penale internazionale dopo la decisione ONU di deferire la situazione libica all'Aia

ROMA - Il leader libico Muammar Gheddafi è oggi più vulnerabile e «molto più scomodo» del Presidente sudanese Omar al Bashir, per cui «le possibilità concrete di arrestarlo sono forse maggiori», qualora la Corte penale internazionale (Cpi) dell'Aia lo incriminasse per crimini contro l'umanità. E' quanto ha dichiarato a TM News Paola Gaeta, professore di diritto penale internazionale e direttore dell'Accademia del diritto umanitario e diritti umani di Ginevra, commentando la risoluzione adottata sabato scorso dal Consiglio di sicurezza dell'Onu di deferire alla Cpi la situazione libica dal 15 febbraio scorso.

«Bashir è ancora un uomo al potere, con cui si fanno affari, mentre Gheddafi non ha più sostegno politico nè interno, nè internazionale - sottolinea Gaeta - le possibilità concrete di arrestare Gheddafi sono forse maggiori». Tuttavia, la docente indica come «uno scenario possibile» un'eventuale fuga del colonnello in «un Paese amico, non membro della Cpi, quindi non costretto ad arrestarlo e a consegnarlo alla corte». Anche se, aggiunge, il Paese che decidesse di ospitarlo si troverebbe ad «avere contro tutta la comunità internazionale».

La giurista ci tiene quindi a evidenziare «il grande successo» ottenuto dalla Corte dell'Aia, attivata per la seconda volta dall'Onu verso Paesi non firmatari, come previsto dal suo Statuto, e il fatto «che Russia e Cina non abbiano posto il veto». Un voto unanime ottenuto grazie «all'accortezza» di prevedere l'eccezione alla giurisdizione della Cpi per cittadini non libici e di uno Stato non firmatario dello Statuto della Corte. «In caso di una missione di peacekeeping - fa l'esempio Gaeta - i soldati Usa non sarebbero sottoposti a giurisdizione dell'Aia. La risoluzione protegge tutti i cittadini degli Stati non membri, a meno che non siano libici».

«La decisione è un grande successo anche per la velocità con cui è stata adottata di fronte a massacri in atto, condannati dagli stessi rappresentanti del popolo libico». La docente ricorda infatti che, nel caso del Darfur, la regione occidentale del Sudan sconvolta dalla guerra civile dal 2003, fu una commissione di inchiesta, guidata da Antonio Cassese, a raccomandare al Consiglio di sicurezza di deferire la situazione all'Aia. «E la decisione arrivò dopo molte sedute, con l'astensione della Cina».

Gaeta respinge l'idea che il mancato arresto del Presidente sudanese stia a indicare l'insuccesso dei tribunali penali internazionali: «Il fatto che sia difficile arrestare e processare capi di Stato come Bashir, non esclude un altro effetto della giustizia, che è quello di delegittimarli definitivamente. Si ottiene un effetto metagiuridico, da parte di una tigre che ha le unghie un po' spuntate. Questi tribunali hanno infatti una forza morale molto forte, anche se non riescono a acciuffare uomini politici di alto livello, per mancanza di collaborazione da parte degli Stati. Ma riescono comunque a delegittimarli davanti alla comunità internazionale, per cui sono poi degli uomini finiti».