1 dicembre 2024
Aggiornato 22:00
Rivolta in Libia

Il figlio Gheddafi in tv, ONU accelera verso sanzioni alla Libia

Prosegue la fuga: in più di 38mila hanno varcato il confine con la Tunisia. Mercenari sparano su corteo funebre

TRIPOLI - La situazione è eccellente, ma c'è il rischio di una guerra civile. Un'antitesi pronunciata, in un'intervista alla tv al-Arabiya, da Saif al-Islam, figlio di Muammar Gheddafi. Che punta il dito contro la manipolazione dall'estero ma riconosce la volontà di cambiamento nel Paese. Dove la giornata di sabato è sembrata più tranquilla di quelle passate, anche se i mercenari, secondo un testimone, continuano a sparare. Mentre il Consiglio di sicurezza dell'Onu lavora per imporre al più presto delle sanzioni al regime libico.

«La situazione in tre quarti del Paese, per la metà della popolazione, è normale, eccellente. Ma dall'estero incitano alla rivolta, manipolano i ribelli» ha dichiarato Saif al-Islam Gheddafi, pur riconoscendo che c'è «una volontà di cambiamento». Saif ha negato la presenza di mercenari nel Paese, provenienti da altri Paesi africani, usati per sparare alla gente. «Questa è una menzogna. Non ci sono mercenari. Soldati neri? Metà della popolazione libica è nera - ha detto - il nostro ministro degli Esteri è nero. E' forse un mercenario?». Ha poi aggiunto: «Anche le informazioni sui bombardamenti aerei sono una menzogna». E alla domanda se le forze dell'ordine avessero ricevuto ordine di sparare sulla folla, ha risposto: «Ci sono stati dei morti perché i soldati non sono abituati a gestire delle rivolte».
Mercenari al soldo del regime che, secondo una testimonianza raccolta da Afp, avrebbero cominciato a sparare contro una radio locale e sui partecipanti che, a Misurata, stavano partecipando ai funerali delle vittime degli ultimi giorni di combattimento.

Prosegue nel frattempo la fuga verso la Tunisia, soprattutto di egiziani e tunisini, che scappano dalla Libia attraverso la frontiera di Ras Jedir. Secondo la protezione civile, più di 38.000 persone avrebbero oltrepassato la frontiera dall'inizio delle rivolte.

Intanto, il Consiglio di sicurezza dell'Onu si è riunito per il secondo giorno consecutivo per tentare d'imporre delle severe sanzioni al regime libico, in modo da fermare la repressione violenta condotta nel Paese. I 15 Paesi membri del Consiglio si sono riuniti poco dopo le 12 (le 17 in Italia); il progetto di risoluzione, presentato dai Paesi occidentali, prevede che Gheddafi possa essere portato davanti alla Corte penale internazionale (Cpi) per crimini contro l'umanità. Il progetto di risoluzione prevede un ampio spettro di sanzioni, tra cui l'embargo sulle vendite d'armi alla Libia, il divieto di espatrio per Gheddafi e il congelamento dei suoi beni. «Sono sorpreso di vedere che c'è un tale accordo tra i membri del Consiglio. E' un terremoto. Qualcosa sta succedendo, non solo nel mondo arabo, ma anche in questa organizzazione» ha sottolineato l'ambasciatore francese all'Onu, Gerard Araud.