10 dicembre 2024
Aggiornato 22:30
Le rivelazioni di Wikileaks

«Lo Yemen combatte al Qaida, alle sue condizioni»

E' quanto emerge dai nuovi documenti di WikiLeaks pubblicati dal «New York Times»

NEW YORK - Gli americani sono «impulsivi e precipitosi quando hanno bisogno di noi», ma hanno «sangue freddo e sono british quando noi abbiamo bisogno di loro». Con queste parole il presidente dello Yemen Ali Abdullah Saleh spiegava lo scorso 31 gennaio al capo dell'antiterrorismo del dipartimento di Stato americano, Daniel Benjamin, il comportamento degli Stati Uniti nella lotta al terrorismo. E' quanto emerge dai nuovi documenti di WikiLeaks pubblicati dal New York Times.

L'incontro era avvenuto poche settimane dopo che un giovane nigeriano addestrato ed equipaggiato nello Yemen aveva provato a far esplodere in volo un aereo diretto da Amsterdam a Detroit, la notte di Natale. La forte attenzione degli Stati Uniti verso il ramo yemenita di Al Qaida e l'imam estremista nato in America, Anwar al-Awlaki, dava così una maggiore influenza al presidente Saleh che, nonostante si dichiarasse «soddisfatto» dell'equipaggiamento militare fornito dagli Stati Uniti, «avrebbe voluto in futuro essere più soddisfatto».

Il leader yemenita, divenuto più aggressivo nella lotta ad Al Qaida negli ultimi dodici mesi, intendeva porre le sue condizioni per entrare nella contesa, dimostrandosi a volte accomodante, altre invece snobbando le richieste americane in materia di antiterrorismo.

Il documento non modifica l'immagine pubblica di Saleh, in carica da trent'anni, ma attraverso le dichiarazioni rilasciate in incontri privati contribuisce a rendere più nitidi i contorni della sua figura. «Se non lo aiutate, questo paese diventerà peggiore della Somalia», ha scritto in un altro documento del 2009 l'Ambasciatore americano Stephen A. Seche.

In un incontro con John O.Brennan, uno dei più importanti consiglieri del presidente Obama in materia di antiterrorismo, Saleh offrì un patto alquanto inusuale. «Ha insistito nel concedere il territorio nazionale per operazioni americane di antiterrorismo», ma allo stesso tempo ha dichiarato che se fossero stati portati a termine attacchi contro obiettivi occidentali non sarebbe stata colpa sua. «Vi ho aperto una porta sul terrorismo - disse - quindi non sono responsabile».

Tuttavia Saleh ha imposto forti limitazioni alle operazioni americane nel paese. Un comportamento ambiguo tenuto anche quando vennero sparati i primi missili americani contro alcuni campi di Al Qaida, nel dicembre 2009. Saleh dichiarò pubblicamente che i missili erano yemeniti e confermò al generale David Petraeus che avrebbe continuato a dire che «le bombe erano nostre, non vostre».

Quando però ci furono le prime vittime civili, alcuni beduini che vendevano cibo ai terroristi, Saleh disse a Petraeus che erano stati fatti degli errori, trovandosi d'accordo con il generale, ma rifiutando la proposta di inviare consiglieri americani che potessero collaborare con l'antiterrorismo del paese.

Altri attriti si ebbero nel marzo 2009, quando gli Stati Uniti cercarono di inviare alcuni detenuti yemeniti di Guantanamo in un programma di riabilitazione saudita. Saleh rifiutò l'accordo, e in un documento viene descritto come annoiato e impaziente, un presidente che ha perso una buona occasione per collaborare con la nuova amministrazione Obama in una delle sue priorità in materia di politica estera.