29 marzo 2024
Aggiornato 11:00
L'assalto alla nave degli aiuti

Quasi 700 gli attivisti fermati. Sei italiani

In 600 sarebbero detenuti nel carcere israeliano di Beer Sheva. L'Onu condanna. Israele: «Ipocriti». La Clinton prende posizione: «a Gaza situazione inaccettabile»

TEL AVIV - A più di 24 ore dal sanguinoso arrembaggio israeliano alla «Freedom Flotilla», il numero totale degli attivisti che si trovavano a bordo delle sei navi che componevano il convoglio non è ancora del tutto chiaro. Un responsabile del ministero dell'interno israeliano in mattinata aveva riferito che le forze di sicurezza avevano fatto sbarcare 686 persone dalle navi fermate. Stando agli ultimi aggiornamenti dei media israeliani gli attivisti sarebbero circa 700, mentre la sezione italiana dell'associazione «Freedom Flotilla» ha comunicato che sarebbero 610 - e non 487 - gli attivisti internazionali arrestati.

DETENUTI A BEER SHEVA - Questi detenuti si sono rifiutati di notificare la loro identità e sono attualmente rinchiusi nel carcere di Beer Sheva, nelle vicinanze di Ashod, la città del sud di Israele nel cui porto sono state scortate le sei nave intercettate al largo delle coste dell'enclave palestinese. Circa cinquanta attivisti che hanno invece accettato di dichiarare le proprie generalità, sono stati condotti fin da questa mattina all'aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv per essere espulsi verso i loro Paesi d'origine. Altri 45 passeggeri della flottiglia rimasti feriti, per la maggior parte di origine turca, sono ancora ricoverati in vari ospedali israeliani.

GLI ITALIANI - Sei sono gli italiani detenuti a Beer Sheva, stando a quanto comunicato dalla Farnesina e dall'Associazione «Freedom Flotilla». Si tratta di Giuseppe 'Joe' Fallisi, Angela Lano (direttrice di un'agenzia di informazione pro-palestinese, la Infopal), Marcello Faracci (che ha doppio passaporto italo-tedesco) Manolo Luppichini, Manuel Zani e Muhim Qaqer (che ha doppio passaporto italo-palestinese). Il console italiano a Tel Aviv è riuscito ad entrare intorno a mezzogiorno nel carcere israeliano e a visitare i sei connazionali, e la Farnesina ha fatto sapere che sono in buone condizioni di salute.

BERLUSCONI - In serata anche il premier Berlusconi ha chiesto con una nota che «la dinamica dei fatti sia oggetto di un'inchiesta completa e imparziale, come già richiesto dall'Unione Europea e dalle Nazioni Unite». Berlusconi si dice «profondamente preoccupato per la vicenda al largo di Gaza, che ha causato numerose vittime civili. Alle loro famiglie esprimiamo le nostre condoglianze. Il governo è in attività per seguire la sorte dei nostri connazionali, per i quali abbiamo già chiesto un immediato ritorno a casa. Auspichiamo - conclude - che venga evitata ogni azione suscettibile di innalzare ulteriormente la tensione e compromettere il dialogo e invitiamo Israele a dare un deciso segnale per la soluzione della situazione umanitaria a Gaza».

ERDOGAN: «PUNIRE ISRAELE» - Durissima la reazione della Turchia, secondo cui Israele deve essere punito. Gli scontri si sono infatti verificati solo su una delle sei imbarcazioni, la Marmara, battente bandiera turca. «Il comportamento di Israele deve essere assolutamente punito» tuona da Ankara il premier Tayyip Erdogan, condannando il raid e l'uccisione di quattro connazionali. «Psicologicamente per noi è come l'11 Settembre» ha aggiunto il ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu prima di incontrare a Washington Hillary Clinton. Davudoglu ha detto che Israele «crede di essere al di sopra di qualsiasi legge» e paragonato l'attacco a quello dei pirati al largo della Somalia.

SANTA SEDE - Anche dal Vaticano arriva una dura presa di posizione, pur senza riferimenti diretti all'attacco alla flottiglia. Nell'Instrumentum laboris, il documento di base del prossimo Sinodo dei vescovi sul Medio Oriente che il Papa presenterà ufficialmente il 6 giugno a Cipro (anticipato dall'agenzia Ansa), l'occupazione israeliana viene definita «un'ingiustizia politica imposta ai palestinesi». Il testo, 40 pagine frutto di un lavoro collettivo di questi ultimi mesi, affronta la difficile situazione dei cristiani nella regione, stretti tra un «estremismo islamico» che minaccia tutti, compresi i musulmani, e i conflitti regionali, con l'irrisolta questione palestinese sullo sfondo. «L'occupazione israeliana dei territori Palestinesi - si legge nel testo preparatorio dell'assemblea vaticana per il Medio Oriente - rende difficile la vita quotidiana per la libertà di movimento, l'economia e la vita sociale e religiosa (accesso ai Luoghi Santi, condizionato da permessi militari accordati agli uni e rifiutati agli altri, per ragioni di sicurezza). Inoltre, alcuni gruppi fondamentalisti cristiani giustificano, basandosi sulle Sacre Scritture, l'ingiustizia politica imposta ai palestinesi, il che rende ancor più delicata la posizione dei cristiani arabi».