La Clinton contro Bertolaso: polemiche da dopo partita
«Port-au-Prince non è L'Aquila». E il Ministro Frattini prova a ricucire
WASHINGTON - Il ministro Frattini lo ha ripetuto più volte: «L'Italia riconosce il ruolo di leadership degli Stati Uniti e del suo presidente Obama» sul coordinamento degli aiuti ad Haiti. Il capo della diplomazia italiana ha insistito, cercando di rassicurare gli interlocutori di Oltreoceano: «Se ci sono state parole apparse come una critica, si sappia che questa non era intenzione del governo italiano». Ma le critiche che Guido Bertolaso ha rivolto a Stati Uniti e Onu sulla gestione degli aiuti ai superstiti del terremoto del 12 gennaio hanno rischiato di aprire un caso diplomatico tra i due paesi. E sono andate di traverso a Hillary Clinton, che con pacata e risoluta fermezza le ha catalogate tra le chiacchiere da bar, polemiche «da processo del lunedì». Insomma, pensieri e parole dettate con il senno di poi, che sarebbe stato meglio evitare.
Così c'è voluta tutta l'abilità diplomatica del titolare della Farnesina per impedire che le polemiche si tramutassero in uno strappo. Con la Clinton che paragona le critiche di Bertolaso «a quelle ai quarterback» il giorno dopo la partita, e Frattini che ricorda «il grande impegno di Obama» per Haiti. E ancora, il segretario di Stato Usa che accenna alle «differenze logistiche e di infrastrutture tra Haiti e l'Aquila, la città italiana colpita lo scorso anno da un tremendo terremoto», e Frattini che conferma: «Non vogliamo dare lezioni a nessuno, ma mettere a disposizione l'esperienza maturata dopo il sisma in Abruzzo».
E anche quando il capo della Protezione civile accenna a una parziale retromarcia («le mie non erano critiche agli Usa«), spiegando che le sue parole volevano essere di sprone soprattutto per l'Onu e la sua attività di coordinamento, Frattini interviene gettando acqua sul fuoco: «L'elemento emotivo ha contato molto, lo stesso Bertolaso il giorno prima aveva avanzato delle proposte concrete, ad esempio su come aiutare i bambini mutilati. Comunque noi ci rimbocchiamo le maniche e continuiamo a lavorare. Lo abbiamo fatto e lo faremo con le Nazioni Unite e con gli Usa, ai quali riconosciamo un ruolo di leadership», dice il ministro. Una 'giustificazione' respinta al mittente dal capo della Protezione civile: «Io emotivo? Sono pagato per rimanere calmo...».
Ciò che conta, in ogni caso, è che il coordinamento degli aiuti funzioni e un intero paese possa presto ricominciare a vivere dopo un'immane tragedia. Per fare questo, secondo Frattini, «serve una conferenza internazionale che vada oltre il 'gruppo di amici' di Haiti» che si riunisce oggi a Montreal e che possa contribuire a delineare una «strategia di ricostruzione a medio termine». Su questo c'è pieno accordo con Hillary Clinton e con gli Usa che, polemiche a parte, riconoscono all'Italia «un aiuto tecnico importante».
Un apprezzamento che Hillary Clinton estende anche agli sforzi che la diplomazia italiana sta compiendo per una soluzione dei principali dossier internazionali. E al dipartimento di Stato non si poteva non parlare soprattutto di Afghanistan e Iran. La conferenza di Londra è alle porte e Frattini chiede che fornisca «una soluzione politica» che aiuti la rinascita del paese. E se il ministro propone «la riapertura dell'Alta scuola afgana di formazione del personale della pubblica amministrazione», Hillary Clinton sottolinea l'impegno di Roma «specialmente per l'incremento delle sue truppe che combattono fianco a fianco con i soldati americani» e ricorda l'obiettivo prioritario del summit di mercoledì: trovare il modo per accelerare la progressiva assunzione di responsabilità da parte delle autorità afgane, perché «quello nel paese asiatico non è un impegno senza fine».
Quanto all'Iran, con la presidenza francese del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, a febbraio potrebbe arrivare l'attesa proposta di risoluzione con nuove sanzioni contro Teheran. «L'Iran è a un bivio», afferma Frattini. Il tempo delle attese diplomatiche è finito, l'incognita resta la Cina che continua a dichiararsi contraria e potrebbe esercitare il suo diritto di veto. Ciò che è certo è che, sulla spinosa questione del nucleare iraniano, l'Italia vuole il coinvolgimento di attori quali la Lega Araba e la Turchia. Magari se ne potrà riparlare in primavera, quando Hillary Clinton potrebbe venire a Roma per partecipare a una ministeriale sulla Bosnia.