Solo a Port au Prince 150mila morti
Bertolaso: «Situazione patetica, si doveva gestire meglio». Un giovane di 23 anni estratto vivo 11 giorni dopo il sisma
PORT AU PRINCE - Il bilancio delle vittime del devastante terremoto del 12 gennaio ad Haiti è salito ad almeno 150.000 morti solo a Port-au-Prince e dintorni: lo ha annunciato il governo haitiano, citando il numero di cadaveri ritrovati fino a ieri. Migliaia di altre persone sono morte in altre zone del Paese o sono ancora sepolte sotto le macerie della capitale.
La valutazione, ha precisato il ministro delle Comunicazioni haitiano, Marie-Laurence Jocelyn Lassegue, si basa sul conteggio dei corpi effettuato dalla società pubblica del Centro nazionale equipaggiamenti (Cne), che raccoglie i cadaveri e li seppellisce in una fossa comune scavata a nord di Port-au-Prince.
La cifra non comprende in particolare le migliaia di persone decedute a Jacmel, sulla costa Sud, o le vittime sepolte dai familiari. Ma «nessuno sa quanti corpi sono sepolti sotto le macerie, 200.000? 300.000? Chi sa qual'è il numero totale di vittime?», ha sottolineato Lassegue. Secondo le stime delle autorità haitiane, il bilancio totale del sisma salirà ad almeno 200.000 morti.
Anche se un giovane di 23 anni è stato estratto vivo dalle macerie sabato a Port-au-Prince, la speranza di trovare altri superstiti è divenuta sempre più fragile 13 giorni dopo la catastrofe. Il governo haitiano ha dichiarato la fine della ricerche già sabato, affermando che gli sforzi si concentravano prevalentemente sugli aiuti materiali, alimentari e medici a favore dei terremotati.
Le Nazioni unite stimano a circa 609mila i senza tetto nella capitale e nei suoi dintorni e che fino a un milione di persone potrebbe lasciare le città distrutte del Paese per recarsi nelle zone rurali del Paese già poverissime. Fino a 200mila dei due milioni di abitanti di Port-au-Prince ha già lasciato la capitale, secondo l'Agenzia americana per lo sviluppo internazionale (UsAid).
Intanto il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, nel corso di una intervista durante la trasmissione «In mezz'ora» su Raitre, non ha nascosto le sue critiche alla gestione degli aiuti. «Ci sono enormi organizzazioni coinvolte e moltissimo da fare, ma la situazione è patetica, e tutto si sarebbe potuto gestire molto meglio». Rispondendo alle domande di Lucia Annunziata ha spiegato: «Il mondo poteva dare prova di poter gestire al meglio una situazione come questa, ma finora non ha funzionato». Riguardo alla massiccia presenza di forze militari Usa, Bertolaso ha aggiunto: «Era inevitabile e indispensabile, una forte presenza dell'esercito americano, anche se i 15mila uomini non sono utilizzati in modo migliore. Le navi ospedale, le portaerei, non hanno rapporti stretti con il territorio, con le organizzazioni umanitarie che sono presenti sul posto. Ognuno fa la sua parte, ma in modo svincolato». Rispetto alla dinamica dei soccorsi, Bertolaso ha sottolineato: «Con l'uragano che ha colpito New Orleans non mi pare di ricordare che la gestione dell'emergenza è stata esemplare».
Di diverso avviso Roberto Dormino, uno dei capi della logistica Onu ad Haiti, a Radio Capital. ««Non condivido assolutamente quello che dice Bertolaso. Col terremoto dell'Aquila sono potuti confluire centinaia e centinaia di migliaia di militari, potevano essere requisiti tutti i mezzi pubblici», ha ricordato Dorminio ai microfoni di Radio Capital.
«Qui che cosa facciamo confluire? A Port-Au-Prince non c'è nulla. Non ci sono né strutture né mezzi. Qui non c'è un parco veicoli che può essere utilizzato. Non c'è un taxi, né una macchina o un camion. Più di tanto non si può fare. Il governo non esiste, le frontiere sono aperte. E' tanto facile dire è 'pateticò. Se le nazioni unite fossero state in Italia quando c'è stato il terremoto avremmo fatto la stessa cosa che ha fatto Bertolaso. Qui invece arrivano solo persone ma mancano le macchine», ha sottolineato Dormino.