7 maggio 2024
Aggiornato 05:30

Obama apre all'islam: al Cairo per cercare un «nuovo inizio»

Deve finire il ciclo di sfiducia e di discordia

IL CAIRO - E' venuto al Cairo per «cercare un nuovo inizio» nei rapporti tra «i musulmani e gli Stati Uniti» e ha invitato a lottare insieme contro l'estremismo e la violenza. Ha teso la mano all'islam Barack Obama, il cui attesissimo discorso all'università della capitale egiziana - durato circa un'ora - è stato interrotto ben trentatre volte da convinti applausi.

Di fronte a una platea di circa 3mila persone, il presidente degli Stati Uniti - che in precedente aveva avuto un colloquio privato con il suo omologo egiziano Hosni Mubarak - ha chiesto a Israele di cessare la sua politica di colonizzazione nei Territori palestinesi e ha ribadito il suo impegno a favore di uno stato palestinese. «Finché le nostre relazioni saranno definite dalle nostre differenze, daremo potere a quanti seminano l'odio piuttosto che la pace, a quanti promuovono il conflitto piuttosto che la cooperazione», ha dichiarato. «Questo ciclo di sfiducia e di discordia deve finire» , ha aggiunto, promettendo di combattere gli «stereotipi negativi sull'islam».

«Questo stesso principio», ha però chiarito Obama menzionando i principi democratici e i diritti delle donne, «deve applicarsi alle percezioni dell'America che hanno i musulmani». Il presidente ha spiegato di essere arrivato al Cairo «a cercare un nuovo inizio tra gli Stati Uniti e i musulmani del mondo, un inizio fondato sull'interesse reciproco e il rispetto reciproco, un inizio fondato su questa verità che l'America e l'islam non si escludono e non hanno bisogno di essere in competizione». Ha aggiunto che «al contrario» le due realtà «condividono principi comuni, principi di giustizia e di progresso, di tolleranza e di dignità di tutti gli essere umani».

Come detto il discorso di Obama al Cairo, dove sta effettuando una breve visita dall'alto valore simbolico, era molto atteso. I rapporti tra Washington e i musulmani, un miliardo e mezzo di persone nel mondo, si sono notevolmente deteriorati con la guerra in Iraq, lo scandalo del carcere iracheno di Abu Ghraib, la base di Guantanamo e le pratiche di difesa dal suo predecessore George W. Bush in nome della strategia antiterrorismo successiva agli attentati dell'11 settembre 2001.

«La prima questione che dobbiamo affrontare è l'estremismo violento» di ogni specie, ha aggiunto Obama, in allusione alle «questioni specifiche» che musulmani e Stati Uniti devono «affrontare finalmente insieme». Ad Ankara «ho chiaramente detto chiaramente che gli Stati Uniti non sono stati, e non saranno mai, in guerra con l'islam», ha ricordato, «Lotteremo tuttavia senza sosta contro gli estremisti violenti che rappresentano una grave minaccia per la nostra sicurezza» perché gli Stati Uniti «respingono la stessa cosa della gente di tutte le religioni: gli omicidi di uomini, di donne e di bambini innocenti».

Sottolineando il «legame inalienabile» degli Stati Uniti con Israele, Obama ha contemporaneamente invitato lo stato ebraico a interrompere la colonizzazione nei Territori palestinesi. «I forti legami dell'America con Israele sono perfettamente noti. Questo legame è inalienabile», ha dichiarato, spiegando al contempo che «gli Stati Uniti non accettano la legittimità della prosecuzione della colonizzazione israeliana», che rappresenta una violazione agli accordi di pace precedenti oltre a nuocere alle iniziative di pace. «E' tempo che la colonizzazione cessi», ha ancora insistito. Il presidente degli Stati Uniti ha ribadito che il suo Paese sostiene le aspirazioni «legittime» dei palestinesi a uno stato, sottolineando che la «sola soluzione» al conflitto con Israele è quella che prevede due stati.

Quanto al controverso programma nucleare iraniano, Obama ha affermato che il confronto con Teheran è «a una svolta decisiva». Molti Paesi, in particolare occidentali, temono che Teheran possa deviare il suo programma nucleare civile a fini militari. Quanto all'Afghanistan, l'inquilino della Casa Bianca ha invitato la platea a non lasciarsi fuorviare: non è intenzione degli Stati Uniti mantenere truppe e avere basi permanenti in quel Paese.