3 maggio 2024
Aggiornato 21:00

Somalia: parlamento approva adozione della Sharia

Per il governo strumento essenziale per avere fondi dall'estero

MOGADISCIO - Il parlamento provvisorio somalo con un voto all'unanimità ha approvato oggi l'adozione della legge coranica, la sharia, nel paese. Lo ha dichiarato il vicepresidente del parlamento Osman Elmi Boqore.

Il voto del parlamento ratifica la decisione del governo di unità nazionale , che aveva stabilito l'adozione della legge coranica il 10 marzo scorso. La scelta era stata dettata dall'esigenza di soddisfare la richiesta venuta dalla comunità dei businessmen e dagli Stati arabi che sostengono, anche finanziariamente, il nuovo esecutivo.

La sharia ti permette di avere sicurezza, di controllare il territorio, risolvendo il problema della microcriminalità, ma ti consente anche di rinviare a tempi futuri la costruzione di uno Stato, e quindi il ripristino di sistemi di regolamentazione finanziaria che possono ledere i commercianti», aveva osservato ad Apcom Matteo Guglielmo, autore di 'Somalia - Le ragioni storiche di un conflitto', (edizioni Altravista).

Prima il presidente Sharif Ahmed, quindi il premier Omar Abdirashid Ali Sharmarke avevano espresso la loro piena disponibilità ad applicare la sharia nel Paese, dopo aver incontrato i sei leader religiosi provenienti da Arabia Saudita, Qatar, Kuwait e Sudan, che stanno mediando tra governo e Hizb al Islamiya (Partito islamico), il secondo principale gruppo di opposizione. Al momento i guerriglieri islamici al Shabab (giovani, ndr), che controllano gran parte della zona centro-meridionale del Paese, non partecipano al negoziato. «Hizb al Islamiya è nato da una coalizione - precisa Guglielmo - composta dall'Alleanza per la Ri-liberazione della Somalia di Asmara (Ars), dai fratelli di Ras Kamboni, guidati dall'ex colonnello Hassan Turki, dal gruppo 'Caanoole' (nome di un quartiere di Chisimaio che significa «lattaio«), presieduto da Sheikh Muktar (Abu Aisha), e dallo Jis (Jabhadda Islamiya Somalia, Fronte islamico somalo), presieduto da Sheikh Abdullahi Ahmed».

Il Presidente Sharif sta cercando di trovare una sorta di accordo con questo gruppo, mentre con gli Shabab le porte sono chiuse - aggiunge lo studioso - Sharif ha aperto alla sharia perchè lo ha promesso ai leader arabi e alla comunità dei businessman che lo sostengono anche finanziariamente. Come ai tempi delle Corti islamiche, i businessman hanno molto peso in questo processo politico e per molti di loro lo sbocco naturale dei loro commerci è la penisola araba. A loro torna utile proiettare l'immagine del buon credente. Inoltre, Sharif deve rinsaldare i rapporti con il mondo arabo, dove si trovano i suoi principali donatori, e la sharia rientra in questa strategia».
Ex leader delle Corti islamiche che governarono la Somalia nella seconda metà del 2006, Sharif torna quindi a stringere i rapporti con la comunità dei businessmen che più aveva sollecitato misure di sicurezza. Guglielmo ricorda infatti che se le Corti si sono imposte sulla scena somala solo nel 2006, erano però attive già agli inizi degli anni '90, per rispondere al crescente bisogno di sicurezza nella capitale. «Le Corti islamiche si sono dissolte alla fine del 2006 non solo per l'intervento delle truppe etiopi - sottolinea Guglielmo - ma anche perchè c'erano personaggi molto scomodi per i businessmen al loro interno: ex generali, ex colonnelli, ex pezzi di Stato che vedevano di buon occhio il ritorno dello Stato in Somalia. Le Corti si sono dissolte quando si chiedeva un salto di qualità, ossia arrivare a un'amministrazione statale. C'erano piccole amministrazioni, dei tribunali che facevano rispettare la legge, ma le questioni forti, come quella di regolamentare i mercati, non sono mai stati toccati».

A mio parere, oggi la sharia serve per garantire un controllo stringente sulla sicurezza e allo stesso tempo per non imporre limitazioni e tassazioni agli uomini di affari», ribadisce. Alla domanda se così facendo il governo non stia ripetendo quanto già avvenuto con le Corti, Guglielmo risponde: «In questo momento non si ripeterà il modello delle Corti islamiche, innanzitutto perchè il governo non può uscire da Mogadiscio e poi perchè le Corti erano una realtà più grande».

Alla domanda se l'Etiopia e gli altri Paesi della regione non siano spaventati dalla prossima imposizione della sharia in Somalia, Guglielmo risponde: «Assolutamente no. All'Etiopia interessa tenere sotto controllo le aree di confine e il Kenya è talmente coinvolto nella situazione somala, che preferisca mantenere un basso profilo. Il problema somalo è sempre stato un problema non religioso. Le Corti islamiche rappresentavano un problema per l'Etiopia perchè erano irredentiste e sostenevano l'Eritrea».