19 aprile 2024
Aggiornato 07:00

Pirati: trovare una via sicura, rompicapo per gli armatori

Gli attacchi, sempre più al largo e a est, hanno cambiato rotte

OSLO - Davanti ai pirati che allargano in modo considerevole il loro raggio d'azione, le navi commerciali tentano di trovare una rotta sicura, cercando allo stesso tempo di evitare un aumento dei costi in un settore già duramente colpito dalla crisi economica. Ma il rischio zero non esiste. Conviene attraversare il Golfo di Aden, terreno di caccia preferito dai pirati somali, o prendere la rotta più lunga e meno rischiosa del Capo di Buona Speranza? Per gli armatori, la scelta è tra la padella e la brace.

«C'è un equilibrio economico o commerciale da trovare», sottolinea Gavin Simmonds, esperto di sicurezza alla Camera britannica di trasporto marittimo. La scelta si riassume nel «transitare per il Golfo di Aden, con la grave minaccia dei pirati, con i dazi del passaggio nel canale di Suez e il sovraccosto legato alle assicurazioni, o seguire la rotta più lunga del Capo di Buona Speranza, generalmente presa dalle piccole navi più vulnerabili agli attacchi», ha aggiunto. Qualunque sia l'opzione, le imbarcazioni non sono mai al sicuro, sottolineano gli esperti. Dal dispiegamento delle navi da guerra europee vicino all'imboccatura del Mar Rosso e grazie ai mezzi supplementari acquisiti con i soldi dei riscatti, i pirati operano in zone sempre più lontane dal litorale a cominciare dai battelli.

«Osserviamo lo spostamento degli atti di pirateria verso il mare aperto all'est della Somalia», afferma Cyrus Mody, direttore dell'Ufficio marittimo internazionale. «Gli attacchi tra le 300 e le 500 miglia marine (550-930 chilometri, ndr) dalle coste sono molto frequenti», ha aggiunto. Secondo l'Ufficio marittimo internazionale, più dell'80% degli attacchi nella regione sono avvenuti nel Golfo di Aden l'anno scorso e meno del 20% all'est della Somalia. Ma, dall'inizio dell'anno, più di due terzi degli attacchi sono stati registrati all'est con un tasso di successo molto più elevato. «Se una nave commerciale è attaccata in queste acque, ci sono poche imbarcazioni militari a portare soccorso», ha sottolineato Mody. Pochi armatori hanno imboccato la strada del gigante danese Ap Moeller-Maersk (sua la Maersk Alabama attaccata di recente) che da fine 2008 ha dirottato una parte della flotta verso il Capo di Buona Speranza. La deviazione allunga da 5 a 15 giorni la durata del viaggio e può avere un sovraccosto di centinaia di migliaia di dollari, variabile in funzione di numerosi fattori.

«Non abbiamo deciso di cambiare le nostre rotte per i pirati somali», confida, sotto condizione di anonimato, uno dei responsabili della Pakistan National Shipping Corporation. «I rischi fanno parte del mestiere», precisa. Lo stesso vale per l'americana United Maritime Group. «Non abbiamo cambiato i nostri piani, solo messo in guardia i nostri equipaggi affinchè raddoppino la vigilanza e restino a buona distanza dalle coste», indica il suo consulente giuridico, Gerald Baca.

L'armatore norvegese Odfjell, che a novembre ha scelto di navigare verso il «Cape of Good Hope» ha cambiato idea a febbraio: «Le condizioni di sicurezza sono migliorate in modo sensibile con lo schieramento delle navi da guerra internazionali», spiega la suo portavoce Margrethe Gudbrandsen. Per quanto possibile, le navi dovranno tenersi almeno a 600 miglia dalle coste somale, secondo gli esperti. «La distanza è un elemento chiave, anche se i pirati negli ultimi tempi coprono un raggio d'azione gigantesco», ha dichiarato Arild Wegener, capo della cellula di sicurezza della Federezione norvegese degli armatori. Ma, a riprova che il «rischio zero» non esiste: l'attacco più audace registrato è avvenuto a circa 900 miglia dal litorale somalo.