28 agosto 2025
Aggiornato 00:00
I mercati finanziari cinesi fanno tremare gli economisti

Perché il Dragone spaventa l'economia internazionale?

Rispetto all’anno scorso l’indice della Borsa di Shangai è cresciuto del 140%. Ma qualcosa non torna. Scoprite cosa devono temere in quel di Pechino.

ROMA – Dopo alcune performance altalenanti durante le ultime settimane del mese di maggio, l’indice Shangai Composite, già incoronato miglior mercato azionario del 2014, ha superato i 5mila punti per la prima volta in sette anni, confermandosi miglior performer del 2015 a livello mondiale. Ma qualcosa, nella borsa di Shangai, proprio non torna. E lo sviluppo vertiginoso del dragone fa tremare gli economisti. Ecco perché.

Il Dragone spaventa la finanza internazionale
I dati che fotografano l’andamento del mercato finanziario cinese sono da capogiro. Rispetto all’anno scorso, infatti, l’indice della borsa di Shangai è cresciuto del 140%. E delle 1700 società asiatiche quotate a Shenzhen, più di cento hanno visto le loro quotazioni crescere di oltre il 500% (solo 4 su 1700 hanno perso il loro valore). La borsa di Shenzhen, tuttavia, non è un’eccezione. Anche le altre borse cinesi, da Shangai a Hong Kong, hanno raggiunto risultati eccezionali. Fin qui, nulla di allarmante. I mercati azionari sono spesso preda di facili euforie collettive, che si accendono e si spengono piuttosto rapidamente. Ma stavolta è diverso. Qui non si tratta di una sindrome passeggera, ma di un problema strutturale. Per due ragioni.

Cosa non va nella Borsa di Shangai
La prima. Nella maggior parte dei mercati finanziari si mescolano sapientemente strategie di investimento, arbitraggi e speculazioni. In Cina, invece, è più difficile che altrove reperire dati macroeconomici, aziendali e contabili: perciò, a causa dell’asimmetria informativa, gli operatori dei mercati finanziari cinesi sono soprattutto speculatori. Entra in gioco, così, quello che gli economisti definiscono il problema della «selezione avversa»: gli operatori economici che intervengono nel sistema economico in questione sono i «peggiori» candidati possibili, quelli disposti a rischiare di più, rendendo ancora più instabile il mercato azionario. Non solo. E veniamo alla seconda. Il mercato azionario cinese preoccupa perché le sue performance non sono affatto supportate (non più) dai fondamentali economici.

Investitori audaci, ma forse sprovveduti
L’economia cinese ha subito una forte decelerazione: il governo ha previsto per il 2015 una crescita pari a circa il 7% del Pil, le esportazioni sono diminuite del 15% ad aprile scorso, e dal 2007 al 2014 il peso totale del debito si è quadruplicato. Quando il sistema finanziario di un paese di stacca dall’economia reale e comincia a vivere di vita propria, gonfiandosi giorno dopo giorno, allora il rischio dell’esplosione di una bolla speculativa è concreto e vicino. E’ il caso della Cina: l’ondata di liquidità che sta alimentando gli investimenti speculativi cinesi appartiene, specie ultimamente, a investitori che di finanza sanno poco o nulla (e spesso non hanno finito neppure la scuola superiore). Sono attratti dai facili guadagni, che sembrano alla portata di tutti, alimentando un circolo vizioso.

Attenzione ai tulipani!
Inoltre, in questo status quo, interviene anche un’altra variabile per nulla insignificante: la possibilità di investire all’estero è molto limitata in quel di Pechino, perciò chi ha del capitale non può fare a meno di depositarlo nel mercato interno. Ma quanto durerà questa situazione? Come sostiene James Surowiecki su un articolo pubblicato sul New Yorker, secondo alcuni economisti l’iperattività della finanza cinese proseguirà ad oltranza proprio perché non c’é la possibilità di dirottare altrove la liquidità in eccesso. Ma, secondo altri, il rischio dell’esplosione di una bolla speculativa sarebbe invece piuttosto alto, e gli effetti potrebbero essere devastanti per migliaia di cinesi. Ricordate il caso della prima bolla speculativa della storia? Era il 1637 e in Olanda il tulipano era diventato un bene di lusso e uno status symbol, tanto che gli investitori facevano a gara per aggiudicarsi il bulbo più prezioso. Il mercato azionario si gonfiò così tanto da alimentare contratti future a prezzi semplicemente folli. Quando, con la prima asta improvvisamente deserta, si diffuse il panico tra gli investitori e il mercato crollò repentinamente, la bolla speculativa scoppiò e tanti furono gli olandesi caduti in rovina. E’ perciò buona norma vigilare sui fondamentali dell’economia reale,  e ricordare che la finanza non può vivere di vita propria. Se non si vuol far la fine degli olandesi coi loro tulipani, s’intende.