4 ottobre 2024
Aggiornato 04:00
Fisco

Credit Suisse si dichiara colpevole

La banca svizzera annette di avere aiutato in modo «ampio ed esteso» dei propri correntisti americani a non pagare le tasse accettando di versare un multa da 2,6 miliardi di dollari. Il numero uno, Brady Dougan, ha quasi perso il posto.

WASHINGTON -  Credit Suisse si è detta colpevole di avere aiutato in modo «ampio ed esteso» clienti americani ad evadere le tasse accettando di versare una multa da 2,6 miliardi di dollari. E' la prima istituzione finanziaria in due decenni ad ammettere le sue colpe. Il patteggiamento annunciato ieri con il dipartimento americano di Giustizia mette così fine alle indagini sulle attività di private banking del gruppo, incluse quelle della sua controllata Clariden Leu.

CREDIT SUISSE SI PENTE PROFONDAMENTE - Il ministero guidato da segretario alla Giustizia Eric Holder riceverà 1,8 miliardi di dollari, il dipartimento dei Servizi finanziari dello Stato di New York incasserà 715 milioni e alla Federal Reserve andranno 100 milioni. La banca elevetica ha subito fatto i calcoli: i conti del secondo trimestre verranno colpiti da oneri da 1,6 miliardi di franchi svizzeri (1,79 miliardi di dollari) ma non si aspetta alcun impatto sulle sue capacità di operare. L'amministratore delegato Brady Dougan ha spiegato che l'istituto «si pente profondamente per la condotta passata che ha portato al patteggiamento».

TOO BIG TO JAIL - Holder ha sostenuto che centinaia di dipendenti di Credit Suisse si sono macchiati di tale colpa nei decenni: «La redditività o la quota di mercato non possono mai e non saranno mai usati come scudo di procedimenti o pene. E quest'azione dovrebbe archiviare definitivamente questa nozione sbagliata», nota come «too big to jail», istituzioni finanziarie troppo grandi per finire in galera.

POTRA' ANCORA OPERARE NEGLI USA - A Credit Suisse è consentito continuare ad operare negli Stati Uniti. Certo è che gli effetti non mancheranno: determinati fondi pensione non possono fare business con persone o entità colpevoli di un reato mentre altri nel breve termine potrebbero ridurre la loro esposizione alla banca in preda all'incertezza. Come parte dell'intesa con le autorità, l'istituto di credito licenzia tre dipendenti precedentemente incriminati per evasione fiscale e mette al suo interno un controllore indipendente che analizzerà la condotta passata e farà raccomandazioni per aggiustare il tiro. L'a.d. Dougan e il presidente Urs Rohner invece sembrano destinati a restare nelle loro poltrone.

UN PRECEDENTE GIAPPONESE - E' la prima volta in una generazione che una grande istituzione finanziaria si dice colpevole: la giappponese Daiwa Bank nel 1995 ammise di avere nascosto ai regolatori 1,1 miliardi di dollari di perdite, cosa che portò tre mesi dopo alla vendita delle sue attività statunitensi. Prima ancora, nel 1989, la banca d'investimento americana Drexel Burnham Lambert si disse colpevole di fronte alle autorità del Paese.

IL NUMERO UNO HA QUASI PERSO IL POSTO - Brady Dougan ha rischiato di perdere il posto dopo sette anni alla guida di Credit Suisse, la banca che ieri ha patteggiato con gli Stati Uniti ammettendo di avere aiutato migliaia di cittadini americani ad evadere le tasse.
Mentre l'istituto di credito negoziava con il governo americano in vista di un'intesa, arrivata ieri, il suo consiglio di amministrazione voleva chiedere al governo di implementare una legge di emergenza per venire meno al segreto bancario e fornire agli Stati Uniti i nomi di certi clienti americani. Una simile mossa avrebbe implicato le dimissioni di Dougan, un'opzione considerata possibile fino a poco tempo fa.
L'amministratore delegato di Credit Suisse, 54enne dell'Illinois, ha evitato questo scenario. Per lui la salvezza è arrivata all'inizio di questo mese, quando il ministro delle Finanze svizzero (Eveline Widmer-Schlumpf) è volato negli Stati Uniti per incontrare il ministro americano della Giustizia (Eric Holder). I due dovevano discutere delle indagini in corso. Successivamente al loro incontro, Washington ha deciso di non esigere più da Credit Suisse i nomi dei suoi clienti.