19 aprile 2024
Aggiornato 13:00
Lavoro giovanile

Giovannini: «180mila imprese interessate agli incentivi per assumere giovani»

Il ministro del Lavoro ha detto che i primi effetti del decreto legge in materia di impiego, «stanno cominciando a vedersi. Osserviamo un aumento dei contratto a tempo indeterminato. In campo 4 miliardi di euro»

MILANO - I primi effetti del decreto legge sul lavoro «stanno cominciando a vedersi», ha detto il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, a margine di un convegno all'università Bocconi. Il ministro ha spiegato infatti di aver notato maggiori assunzioni a tempo indeterminato dei giovani.

180MILA IMPRESE VOGLIONO ASSUMERE GIOVANI - Giovannini ha evidenziato che dal giorno della conversione in legge avvenuta il 7 agosto «osserviamo un aumento dei contratto a tempo indeterminato per i giovani. Monitoriamo i dati giornalieri, renderemo disponibili a breve quelli definitivi. Primi segnali coerenti, ha aggiunto, con quelli della relazione di Unioncamere che indicano la presenza di 180mila imprese interessate agli incentivi per l'assunzione dei giovani».

MESSI IN CAMPO 4 MILIARDI - Il ministro, a fronte di questi dati positivi, ha ricordato che i numeri pubblicati dall'Istat sulla disoccupazione giovanile record sono «in realtà ben noti visto che arrivano al secondo trimestre del 2013. La drammaticità della situazione è ben nota al governo e proprio per questo sono stati messi in campo 4 miliardi di euro sul lavoro e per alleviare la sofferenza sociale. Credo che nessun governo abbia fatto così tanto in così poco tempo».

BRUNETTA, RIFORMA LAVORO PER USCIRE DA CRISI - Il capogruppo del Popolo della libertà (Pdl) alla Camera, Renato Brunetta, ha pubblicato un editoriale sul Giornale sul lavoro, indicando le priorità al governo: «La riforma del mercato del lavoro, con l'obiettivo di eliminare le rigidità strutturali che caratterizzano l'economia italiana può diventare una delle chiavi di volta per uscire dalla crisi. L'urgenza di tale riforma è ancora maggiore se si pensa che l'Italia non può più utilizzare la svalutazione competitiva che rendeva i prodotti più convenienti sui mercati esteri».

O GIÙ TASSE O SALARI FLESSIBILI - Il governo, pertanto, ha proseguito Brunetta, «ha solo due leve alternative: abbassare la tassazione diretta, che rientra come componente nella formazione dei prezzi finali; oppure creare un sistema di norme che consentano la piena flessibilizzazione dei salari, in maniera che crescano ad un tasso moderato, senza creare pericolose spirali inflazionistiche, solo perché aumenta la produttività . E' quanto si stava facendo in Italia con il governo Berlusconi nella legislatura cominciata nel 2008 e bruscamente interrotta nel 2011 in tema di riforma del sistema di contrattazione salariale collettiva».
Infatti ha concluso il capogruppo: «Se la Spagna ha azzerato il suo differenziale sui titoli decennali rispetto all'Italia uscendo dalla recessione, mentre noi ne siamo dentro ancora fino al collo, non sarà perché la Spagna ha finalmente riformato il suo mercato del lavoro in chiave tedesca e noi no ? Ecco, questo è il riformismo di cui ha bisogno il nostro Paese, su cui la nostra grande coalizione dovrebbe misurarsi. Altro che dilaniarsi per la decadenza del senatore Berlusconi».