12 ottobre 2025
Aggiornato 09:00
La riforma del mercato del lavoro

Lavoro: Bersani, Monti non può dire no solo a noi

Il segretario «fa quadrato» con Bindi e D'Alema. Il leader PD aveva vissuto l'affondo del Governo sui licenziamenti per motivi economici come un attacco al partito. Damiano: Ci vuole disponibilità al cambiamento

ROMA - Almeno per ora, Pier Luigi Bersani esce dall'angolo e incassa l'apertura del Governo alla possibilità di modifiche parlamentari sul punto cruciale della riforma del mercato del lavoro, l'articolo 18. Il leader Pd aveva vissuto l'affondo del Governo sui licenziamenti per motivi economici come un attacco al partito e quel 'il nostro sì non è in discussione' pronunciato a caldo dal vice-segretario Enrico Letta aveva accresciuto i cattivi pensieri sul fatto che si stesse giocando una partita politica ai danni del Pd, su questo fronte. Per questo Bersani ha scelto la linea dura, trovando il «non scontato» (parole di un deputato Pd) sostegno di Massimo D'Alema e la più prevedibile solidarietà di Rosy Bindi: noi siamo leali, ma se si gioca contro il Pd, il Pd reagisce, è stato il messaggio recapitato pubblicamente e privatamente al presidente del Consiglio e al capo dello Stato.

SEGNALI CHIARI DA BERSANI - L'allarme al Pd era arrivato al massimo livello di allerta, come dimostra l'editoriale pubblicato ieri dall'Unità nel quale si esponeva chiaramente l'ipotesi di una manovra politica del «partito di Monti» per costringere il Pd a rompere con la Cgil e Sel sul mercato del lavoro. Un attacco che, se fosse vero, per il Pd sarebbe inaccettabile. Per questo Bersani ha oggi mandato segnali molto chiari: «Su tutti i decreti che sono arrivati ovviamente il Parlamento è intervenuto, ha sempre modificato qualcosa», ha detto. Ovvero: non è possibile che le liberalizzazioni vengano ridimensionate dalle lobby e dal centrodestra, mentre su pensioni e lavoro il Governo «tira dritto». E ancora rivolto all'establishment, ma anche al Governo: «Tutti quelli che pensano che ci inventeremo un'altra 'eccezionalità italiana', qualcos'altro: attenzione, giocate col fuoco. Può venir fuori qualcosa che assomiglierà più al populismo che alla democrazia, una cosa che manda a casa sia i politici che i tecnici. Non si può dare punture di spillo o cercare di azzoppare chi sta cercando di tenere insieme questo Paese».

DAMIANO: CI VUOLE DISPONIBILITÀ A UN CAMBIAMENTO - Concetti ripetuti dal segretario anche al capo dello Stato, oltre che al Premier, nei colloqui di questi giorni: c'era un accordo a portata di mano, lo schema tedesco dei licenziamenti, perché all'ultimo momento si decide di strafare? Il Pd fa la sua parte e vuole continuare a farla, ma non è accettabile ricevere schiaffi del genere alla vigilia della campagna elettorale. Il Governo, nei colloqui riservati, avrebbe lasciato intendere di essere disponibile a qualche correzione in Parlamento. Si tratta di capire se si parla di vera e propria riscrittura della norma o di una semplice interpretazione. Cesare Damiano, uno degli esponenti dell'ala laburista, spiega: «Non può essere solo un'interpretazione della norma esistente, ci vuole disponibilità a un cambiamento». Fatto non scontato, visto che il Governo in privato ha spiegato che la norma sui licenziamenti per motivi economici va letta con quella sui licenziamenti discriminatori: in altre parole, in assenza dei motivi economici il lavoratore avrebbe la possibilità di invocare un licenziamento discriminatorio, che starebbe al giudice valutare. Troppo poco per il Pd, che su questo si gioca la partita della vita.