18 aprile 2024
Aggiornato 12:00
La riforma del mercato del lavoro

Lavoro, il timore del PD: Monti vuole dividerci?

Il «sospettaccio» del partito di Bersani e che sulla riforma si giochi la partita per il «dopo»: metterlo in difficoltà, costringendolo a rompere «a sinistra» preparando le condizioni per quella prosecuzione delle larghe intese che Pier Ferdinando Casini, forse non a caso, va predicando da tempo

ROMA - Da settimane Pier Luigi Bersani metteva le mani avanti di fronte all'ipotesi di un Governo che cerca «lo scalpo» dell'articolo 18 da portare come offerta a mercati e Ue, ma il sospetto che circola sempre più con insistenza al vertice democratico è che il presidente del Consiglio possa essere tentato anche da una partita politica tutta «interna». L'insistenza e la regolarità con cui Monti e Elsa Fornero hanno alzato l'asticella sull'articolo 18 ha alimentato quello che qualcuno in casa Pd chiama il «sospettaccio», ovvero che si voglia proprio arrivare a mettere in difficoltà Bersani, costringendolo a rompere 'a sinistra' e preparando così le condizioni per quella prosecuzione delle larghe intese che Pier Ferdinando Casini, forse non a caso, va predicando da tempo. Un sospetto che, secondo Bersani, Monti può fugare solo in un modo: sfruttando l'incontro di domani per correggere la sua proposta o lasciando che in Parlamento il Pd inserisca almeno una modifica significativa.

Presenteremo le nostre modifiche - Il punto intorno al quale ruota la controffensiva dei democratici è l'articolo 18: va bene il modello tedesco, non quello «sovietico», aveva attaccato ieri sera il responsabile economia Stefano Fassina. Dunque, sui licenziamenti per motivi economici si deve consentire al giudice di scegliere tra indennizzo o reintegro, prevedere solo il risarcimento in denaro è uno «schiaffo al Pd». Uno schiaffo che, viene fatto notare, alla fine per la Cgil non è neanche troppo un problema: Susanna Camusso convoca i suoi scioperi e si ricompatta con la Fiom, il «cerino» resta invece in mano al Pd, che a quel punto troverebbe un fossato incolmabile tra sé e il mondo della sinistra, dalla Cgil a Sel di Nichi Vendola. Su questo, ha ricordato sibillino D'Alema «il Parlamento è sovrano».
Un'affermazione che, secondo quanto riferisce qualcuno, non è solo la sottolineatura di un fatto scontato: significa che, viene spiegato dal Pd, «presenteremo le nostre modifiche e pensiamo che in Parlamento ci siano i voti per approvarle». Ovvero, noi daremo battaglia e vediamo se sommando i voti di «chi ci sta» non si trovi la maggioranza per far passare le modifiche. Un avvertimento chiaro, al presidente del Consiglio.

Questo Governo nasce per unire, se divide... cambia natura - Spiega Matteo Orfini, bersaniano e membro della segreteria: «Bersani non mette in discussione il sostegno a Monti, ma neanche Monti deve mettere in discussione il sostegno a sè stesso... Già hanno voluto non chiudere un accordo possibile!». Il testo va cambiato in Parlamento, e il Governo dovrebbe evitare il ricorso alla fiducia, «sarebbe un meccanismo coercitivo che sarebbe sbagliato mettere». L'ipotesi che Monti giochi una partita politica viene commentata così: «Questo Governo nasce per unire, se divide... cambia la natura. Se una gioca partita politica per colpire o isolare un parte della maggioranza, le cose non stanno più in piedi. Ma per ora non mi sembra che siamo a questo». Ma se si arrivasse «a questo», il rischio, chiaro a tutti, è quello di un Pd che si spacca, fino forse alla scissione dell'ala sinistra che non accetta di essere omologata al «partito di Monti».

D'Alema: Articolo 18? Testo confuso e pericoloso - Uno scenario che Rosy Bindi aveva già evocato qualche giorno fa, parlando di legge elettorale: «col proporzionale il nostro partito verrebbe ridimensionato e anche la sua natura di partito plurale verrebbe stravolta», con possibili fughe sia delle componenti centriste, allettate dalla forza del Terzo polo, sia di quelle più di sinistra. E, del resto, sull'altro fronte dirigenti come Giuseppe Fioroni affermano che «il congresso del Pd lo farà il sostegno a Monti».
Ecco perché oggi proprio la Bindi e Massimo D'Alema sono scesi in campo con durezza a difesa della «ditta» da quello che si ritiene possa essere un attacco deliberato. L'uscita di ieri di Enrico Letta («Il nostro sì non può essere in discussione«) non era affatto piaciuta al vertice del partito e oggi Bersani ha fatto correggere il tiro a due dirigenti di primissimo piano: «Il governo e il presidente del Consiglio - ha avvertito la Bindi - possono andare avanti se rispetteranno la dignità di tutte le forze politiche che lo sostengono». E D'Alema ha aggiunto: «Il testo che è stato anticipato sull'articolo 18 mi sembra confuso e pericoloso». L'idea di essere «commissariati» dai tecnici non piace a molti, ma la partita che si apre è davvero delicata ed è difficile prevedere chi sarà il vincitore.