29 marzo 2024
Aggiornato 06:30
Si investa sul comparto per dare una chance di lavoro ai giovani

Svimez, l’agricoltura «contiene» il crollo occupazionale al Sud

La Cia commenta i dati del Rapporto 2011 dell’associazione: dare vita a una vera politica di sviluppo del settore primario può creare nuovi posti di lavoro in un’area in cui un giovane su tre è disoccupato

ROMA - L’agricoltura tiene a freno l’emorragia occupazionale al Sud e dà un’opportunità ai giovani sfiduciati dalla crisi economica e da un mercato del lavoro sempre più immobile. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, commentando il Rapporto Svimez 2011.
Secondo l’associazione, il Mezzogiorno sta diventando «un paese per vecchi» con una disoccupazione, soprattutto giovanile, in costante aumento. Solo nel 2010 -ricorda la Cia- il Sud ha perso 77.500 unità nel settore industriale e 17.300 unità nei servizi. Al contrario, gli occupati in agricoltura sono cresciuti di 8.100 unità, segnando un incremento medio del 2 per cento ma con un vero e proprio «boom» in Calabria e Abruzzo (più 10 per cento).

Questo vuol dire che l’agricoltura è un comparto ancora vivo e vitale e che -osserva la Cia- nonostante tutti i problemi che condizionano la competitività delle aziende, come i costi produttivi record, i prezzi sui campi non remunerativi e una burocrazia lenta e inefficiente, il settore primario continua a mettere a segno risultati importanti, crescendo nell’occupazione a dispetto del resto del mondo produttivo.
Ecco perché ora chiediamo al governo di investire davvero sull’agricoltura, dopo averla lasciata nell’angolo per anni e anni, e dare vita a una vera politica di sviluppo, soprattutto nel Sud d’Italia. D’altro canto, l’agricoltura può offrire una chance di lavoro concreta e solida a tutti quei giovani meridionali che non vogliono abbandonare la loro terra e, contemporaneamente, favorire quel ricambio generazionale nel settore che oggi stenta ancora a prendere piede.
Ad oggi infatti -continua la Cia- nel comparto agricolo ci sono soltanto il 3,4 per cento di giovani conduttori sotto i 35 anni e meno del 7 per cento sotto i 40. Praticamente, solo 112 mila aziende agricole sono guidate da giovani su un totale di 1,6 milioni di imprese del comparto sparse su tutto il territorio nazionale. Ma la «colpa» non è del mancato interesse dei giovani per l’agricoltura, anzi. Sono la scarsa disponibilità di terra, la burocrazia esasperata, la mancanza di agevolazioni per l’acquisto e per il subentro in azienda a frenare il turn over nei campi.

Per questo motivo, la Cia chiede di creare la Banca della Terra, un archivio pubblico gestito dall’Ismea che raccolga i terreni demaniali da destinare ai giovani agricoltori, e di innovare la burocrazia, snellendo le migliaia di procedure amministrative complesse e dispendiose per l’avviamento e la continuità dell’azienda. Senza dimenticare misure indispensabili come la realizzazione di uno sportello giovane; percentuali di finanziamento più elevate sui vari bandi e sul Psr; agevolazioni fiscali sulle assunzioni di personale per i giovani imprenditori agricoli post-insediamento; l’incentivazione alla nascita di forme di collaborazione tra giovani o a maggioranza di giovani imprese (società miste); facilitazioni per l’accesso al credito.