18 aprile 2024
Aggiornato 02:30
Camera di Commercio di Verona

Scippi di brevetti e diffusione di informazioni riservate

Quando il rapporto con il dipendente è delicato, meglio «blindarlo» con clausole ad hoc

VERONA - Un buon team di ricerca e sviluppo interno all’azienda è l’ideale per promuovere l’innovazione. Perché l’innovazione si traduca in un’invenzione tutelata, brevettata e sfruttabile da parte dell’azienda, però, occorre che il datore di lavoro abbia previsto, nel contratto di lavoro, questa possibilità.
Del delicato rapporto tra lavoratore dipendente «inventore» e datore di lavoro si è parlato oggi in Camera di Commercio a Verona nel settimo seminario dell’anno organizzato dallo Sportello tutela proprietà intellettuale.

«Le risorse umane sono la prima fonte di creatività in azienda – spiega Riccardo Borghero, Dirigente Area Affari Economici della Camera di Commercio di Verona – quindi è naturale che siano essi stessi la leva per l’attività di ricerca e sviluppo. Non è altrettanto immediata, però, la disciplina di questo tipo di attività intellettuale nei contratti di lavoro. Possono quindi nascere controversie sulla titolarità delle invenzioni al momento della registrazione del brevetto. Controversie che ne possono pregiudicare l’utilizzo».
IL brevetto registrato da un’impresa, quando l’autore sia un dipendente, infatti, è nullo, se l’impresa non abbia espressamente previsto, nel contratto, l’attività di ricerca e sviluppo tra le mansioni per le quali il dipendente è assunto.

«La contrattualizzazione delle attività di ricerca, ma anche di tutti gli aspetti di segretezza dei processi e delle procedure aziendali – prosegue Borghero - non va sottovalutata, perché si rischia di pregiudicare quanto investito dall’azienda fino a quel momento ed i futuri ritorni dell’industrializzazione dell’innovazione. Oltre al rischio di perdere il prezioso know how del dipendente-inventore con il quale la controversia diviene inevitabile».
Meglio chiarire, prima, quindi, quali siano gli ambiti d’azione del dipendente e quali «segreti» debba mantenere. Si tratta di clausole di riservatezza e accordi di confidenzialità che vanno retribuiti, come hanno spiegato gli esperti, Silvano Reniero e Gianluigi Muscas. Se, infatti, il contratto di impiego non prevede un’attività inventiva, il brevetto registrato dall’azienda può essere nullo, dato che il Codice della proprietà industriale attribuisce l’invenzione alla persona fisica che ha avuto l’idea.

Analogo ragionamento vale per i collaboratori e consulenti esterni all’azienda che vanno «blindati» con un contratto scritto di collaborazione, che includa anche un patto di segretezza. Sono infatti numerose le informazioni aziendali, anche commerciali, e le esperienze tecnico industriali, le cui diffusione può ledere l’azienda. Soluzioni tecnico-scientifiche, test di laboratorio e clinici, contratti, contenuti su accordi di collaborazione o licenza, analisi di mercato, ma anche strategie di marketing e pubblicità. Politiche di fidelizzazione, mailing list di clienti, analisi di previsione, gli stessi dati relativi al personale:
l’azienda è un serbatoio di informazioni da tutelare.

«E’ perciò opportuno individuare le attività e informazioni critiche e tutelarle adeguatamente vincolando i dipendenti e collaboratori, che le trattano, alla riservatezza, con opportuni accordi che vanno poi fatti valere. Il criterio per individuare le criticità relativamente alla diffusione di informazioni è semplice: sono cruciali se sono segrete e trattate in modo da mantenerle tali, con sistemi di protezione adeguati, e se hanno un valore economico» conclude Borghero.