25 aprile 2024
Aggiornato 05:30
La crisi del debito | Grecia

Il verdetto dei tecnici UE-FMI su aiuti entro fine settimana

Atene spera nell'ok in cambio di privatizzazioni e più austerità

ATENE - La Grecia è a un passo dal completare le trattative con i tecnici di Unione europea, Bce e Fondo monetario internazionale, la «Troika» da cui spera di ottenere il via libera allo stanziamento di una nuova tranche del programma di aiuti. Secondo il ministro delle Finanze greco, George Papaconstantinou, le discussioni potrebbero concludersi tra oggi e mercoledì, mentre secondo un portavoce del governo tedesco dovrebbero chiudersi per la fine della settimana. Una missione insolitamente lunga, gli ispettori sono arrivati ad Atene il 10 maggio scorso, ma quantomai cruciale per le sorti del paese. Il loro parere sarà determinate sia per stabilire se verranno effettivamente versati altri 12 miliardi del piano di aiuti già previsto, sia per l'eventuale rafforzamento e prolungamento dell'intervento di Ue e Fmi.

Questo mentre oggi dalla Banca centrale europea è giunto un nuovo no senza compromessi all'ipotesi di una ristrutturazione del debito pubblico della Grecia, stavolta da Lorenzo Bini Smaghi, l'economista italiano che siede nel Comitato esecutivo. «Equivarrebbe a una condanna a morte - ha affermato in una intervista al Financial Times - che nell'Unione europea è stata abolita», ingiusta perfino per un paese che ha violato le regole comunitarie sul bilancio per un intero decennio. Ma soprattutto il banchiere centrale avverte che questa strada si rivelerebbe pericolosamente destabilizzante per tutta l'Ue, tanto che basta ipotizzarla per creare scompiglio.

Secondo le indiscrezioni dello stesso quotidiano si profila un accordo che prevede una invasività senza precedenti delle istituzioni europee e internazionali nella sovranità economica del paese: per assicurarsi che procederà con le privatizzazioni e l'austerità di bilancio che si chiede ad Atene in contropartita di un rafforzamento e un prolungamento del piano di aiuti. Per la Grecia, Ue e Fondo monetario internazionale hanno già avviato un piano di sostegni triennale da 110 miliardi di euro. Essendo il paese impossibilitato a tornare in parte sul mercato dal 2012, come originariamente previsto, secondo l'Ft servirebbero altri 60 miliardi circa di aiuti.

L'accelerazione sulle privatizzazioni e il rafforzamento delle strette di bilancio dovrebbero garantire da soli metà di questi fondi, riducendo a 30-35 miliardi di euro gli aiuti supplementari. Soprattutto le privatizzazioni potrebbero avere un ruolo determinante, visto che nei giorni scorsi diverse fonti avevano indicato che Atene avrebbe un potenziale di dismissioni da ben 300 miliardi di euro, poco meno dell'ammontare totale del suo debito pubblico (350 miliardi). Ad ogni modo la questione resta controversa, con resistenze sia da parte delle istituzioni e paesi prestatori, sia in Grecia dove il governo socialista non riesce a trovare sostegno da parte delle opposizioni ai suoi programmi di risanamento. Il tutto dovrebbe finire all'esame del prossimo Ecofin.

Ma secondo quanto afferma Bini Smaghi non sembrano esserci strade alternative. Specialmente è da scartare l'ipotesi di una ristrutturazione del debito greco, sia in versione «morbida», ossia un prolungamento delle previste scadenze di pagamento, sia e ancor più in una versione drastica con una perdita di parte del valore nominale dei bond greci. Gli economisti che la ipotizzano sono «come coloro che a metà settembre 2008 sostenevano che i mercati erano preparati a un fallimento di Lehman Brothers», avverte il banchiere centrale (il crack della banca d'affari americana scateno un peggioramento tale della crisi finanziaria globale da far piombare il mondo in recessione). Basta guardare i mercati finanziari: «ogni volta che sentono pronunciare la parola ristrutturazione - conclude Bini Smaghi - impazziscono». In una seduta di volumi ridotti a causa della chiusura dei mercati americani, per una festività, l'euro si è mostrato poco mosso e in flebile frenata, nel pomeriggio si attesta a 1,4277 dollari, mentre le Borse europee segnano moderati ribassi.