Siglato tra le polemiche l’accordo di cooperazione tra Cina e USA
Macroeconomia, servizi finanziari, commercio, e investimenti ed infine cooperazione internazionale
MILANO - Si sono conclusi con un accordo di cooperazione strategica commerciale i due giorni di colloqui economici che hanno visto impegnati la Cina e gli Stati Uniti.
Quattro le aree trattate dal documento siglato dal vice premier cinese Wang Qishan e dal segretario del Tesoro americano Timothy Geithner: macroeconomia, servizi finanziari, commercio, e investimenti ed infine cooperazione internazionale.
Senza risposte concrete sono invece rimasti alcuni temi spinosi che riguardano il rapporto tra le due potenze economiche, infatti nell’accordo non si parla dell’accesso al mercato americano da parte di aziende cinesi, del protezionismo e dell’apprezzamento dello yuan.
A tal proposito i due firmatari hanno però rilasciato delle dichiarazioni dal gusto un po’ polemico.
Per primo Wang ha auspicato che «gli Usa riconoscano la Cina come un’economia di mercato; allentino i controlli sulle esportazioni di articoli high tech e assicurino un trattamento equo alle compagnie cinesi che vogliono investire in America»; il vice premier cinese è consapevole che si tratta di un processo lungo, ma ha affermato che ormai «è tempo che questi problemi trovino una soluzione».
In risposta Geithner ha esposto una serie di lamentele sul protezionismo esercitato dal governo cinese a favore delle aziende nazionali, sul furto di proprietà intellettuale e sull’uso di software contraffatti; ma ciò che preme di più al governo americano è il tema dell’apprezzamento dello yuan, nonché l’aumento del tasso di interesse.
Conclusi i colloqui, non si sono placate le polemiche, infatti numerose dichiarazioni sono state diffuse nei giorni successivi attraverso i media.
Sulla questione è intervenuto anche il segretario di Stato Hillary Clinton, la quale in un’intervista ha mosso delle accuse nei confronti del governo di Pechino, dichiarando che i suoi rappresentanti «hanno paura e si comportano come pazzi, ma non possono farlo. In ogni caso continueremo a cercare dialogo e cooperazione. Viviamo nel mondo reale e non smetteremo di farlo solo perché riteniamo che in fatto di diritti umani la Cina abbia un atteggiamento deplorevole».
La risposta del vice ministro degli Esteri Zhang Zhijun non si è fatta attendere, ma ha riportato il dibattito su toni più pacati: «Nessun Paese, nemmeno gli Stati Uniti, è perfetto in fatto di diritti umani ed è naturale che ognuno dà importanza ad aspetti diversi. Siamo però aperti a un dialogo che garantisca rispetto reciproco e la non-interferenza nelle questioni interne».
Nonostante il tentativo di riconciliazione da parte di Zhang Zhijun, il vicepremier Wang Qishan, ospite del programma televisivo The Charlie Rose Show, ha rincarato la dose affermando che gli Stati Uniti si sono fatti un’idea semplicistica e limitata di ciò che in realtà è la Cina: «Non è facile conoscere il nostro Paese perché la cultura orientale è molto diversa da quella occidentale e perché abbiamo alle spalle una civiltà millenaria. Gli Usa sono la prima potenza al mondo e il popolo americano è molto semplice. Se chiedi loro di scegliere di conoscere un paese estero la prima scelta ricadrà sull’Europa e la seconda sull’America latina».
Pronto a controbattere il segretario del Tesoro statunitense Timothy Geithner, anch’esso ospite della trasmissione americana, il quale ha negato una visione così semplicistica del popolo americano, affermando che «gli americani sono sempre più aperti a conoscere nuove culture e questo non comprende solo la Cina, ma tutti quei Paesi che sono importanti per i nostri interessi».
Tra accordi e dibattiti, il rapporto tra le due potenze economiche appare ancora teso.
Fonte: Interprofessional Network Spa
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