Fipe: la ristorazione salva la filiera
È quanto emerge dalla ricerca del Centro studi Fipe “L’Europa al ristorante: consumi e imprese” con la quale è stata inaugurata Sapore 2011
RIMINI - In un contesto di caduta della domanda a livello europeo, la ristorazione italiana rappresenta un'eccezione. Il settore dei consumi fuori casa risulta nel nostro paese in crescita e si conferma avere una funzione anticiclica nell'ambito dell'agroalimentare e rappresenta l'ancora di salvezza per molte imprese della filiera.
È quanto emerge dalla ricerca del Centro studi Fipe «L’Europa al ristorante: consumi e imprese» con la quale è stata inaugurata alla presenza dell'on. Paolo De Castro, presidente della commissione Agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo, «Sapore 2011», la quattro giorni di Mostra Internazionale dell’Alimentazione in calendario da sabato alla Fiera di Rimini.
Lo studio è a tutti gli effetti una fotografia dei consumi in Europa dell'ultimo decennio con un particolare approfondimento sul settore alimentare domestico e fuori casa.
I consumi alimentari – si legge nella ricerca – restano una voce di spesa di primaria importanza. Essi valgono, nell’Unione Europea, 882 miliardi di euro pari al 13,1% della domanda complessiva. Soltanto per l’abitazione gli europei spendono di più. Se poi si includono nella spesa alimentare anche la quota destinata ai consumi fuori casa, pari a 468 miliardi di euro, l’alimentare rappresenta un quinto del budget complessivo di spesa dei cittadini europei. In dieci anni i consumi alimentari sono aumentati, in Europa, di 58 miliardi di euro, 37 in casa e 21 fuori casa, con tassi di crescita identici (circa 5 punti e mezzo percentuali). La crescita è da attribuirsi per due terzi ai consumi alimentari in casa e per il restante terzo a quelli fuori casa. A livello di eurozona il contributo del consumo domestico è ancora più significativo ad indicare che nei Paesi economicamente più forti si sta registrando un deciso rallentamento dei consumi in bar e ristoranti a vantaggio di quello in casa. C’è, tuttavia, un’eccezione Italia. Nel nostro Paese la crescita della domanda alimentare è da attribuirsi per la quasi totalità al fuori casa. In termini di spesa pro-capite i consumi alimentari domestici, espressi in standard di potere d’acquisto, collocano l’Italia in un gruppetto di Paesi che risulta assai disomogeneo in termini di livelli di sviluppo. I modelli di consumo dipendono anche dalle storie dei Paesi, dai modelli culturali, dai modelli di produzione. Anche in relazione ai consumi alimentari extradomestici, quote elevate di consumi fuori casa non sempre corrispondono a livelli più alti di consumi pro-capite. E’ il caso, ad esempio, di Spagna e Italia rispetto a Regno Unito, Danimarca o Lussemburgo. L’Italia si colloca di venti punti percentuali al di sopra dei valori medi dell’Europa a 27 Paesi e dell’eurozona. Anche sul fronte dei prezzi – viene spiegato nella ricerca – esiste una leggenda metropolitana. I dati mostrano che a partire dal 2005 il tasso di crescita dei prezzi della ristorazione è stato in Italia, con l’eccezione del solo 2010, costantemente al di sotto delle medie dell’Unione europea e dell’eurozona. Le circostanze che i tassi di inflazione della ristorazione seguano in tutta Europa una traiettoria simile e che i differenziali con l’inflazione generale risultino abbastanza omogenei stanno lì a dimostrare che i meccanismi di formazione del prezzo di questo settore sono guidati da logiche imprenditoriali adeguate alle caratteristiche del settore.
L’intera ricerca è scaricabile a questo link
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