11 dicembre 2024
Aggiornato 15:30
Coldiretti Campania

«Con etichetta stop a business su cibi camorra»

E’ quanto affermano il presidente Gennarino Masiello e il direttore Prisco Lucio Sorbo della Coldiretti della Campania

NAPOLI - L’approvazione definitiva prevista per il 18 gennaio del disegno di legge in materia di etichettatura alimentare, in sede legislativa alla Commissione Agricoltura della Camera, annunciata dal Ministro della Salute Ferruccio Fazio significa anche dare un deciso stop agli affari sporchi sui cibi della mafia e della camorra denunciati da Wikileaks sui quali è comunque importante fare chiarezza. E’ quanto affermano il presidente Gennarino Masiello e il direttore Prisco Lucio Sorbo della Coldiretti della Campania nel commentare i nuovi file riguardanti l'Italia che emergono dagli archivi di Wikileaks secondo i quali in Campania la camorra fa affari anche con «importazioni a basso costo», «dalle mele cariche di pesticidi della Moldova al sale del Marocco infestato da «E. coli» fino alle «fabbriche illegali che fanno mozzarella usando latte in polvere boliviano».

Circa un terzo (33 per cento) della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati, per un valore di 51 miliardi di euro di fatturato, deriva da materie prime importate, trasformate e vendute con il marchio Made in Italy, in quanto la legislazione lo consente, nonostante in realtà esse possano provenire da qualsiasi punto del pianeta. Secondo il rapporto Coldiretti/Eurispes la presenza di una legislazione ambigua che consente di fatto di etichettare come Made in Italy materie prime agricole importate dall’estero lascia ampi spazi di opacità che favoriscono l’illegalità.

Se i singoli casi vanno verificati c’è comunque un pericolo incombente che è stato sollevato anche nelle anticipazioni del rapporto sulle Agromafie elaborato da Coldiretti/Eurispes dal quale è emerso peraltro che sono state importate in Italia 161.215 tonnellate di pomodori preparati o conservati di cui: il 52,9 per cento proviene dalla Cina, destinate per il 98,6 per cento del totale alla sola provincia di Salerno, patria del mitico San Marzano. Le importazioni di concentrato di pomodoro dalla Cina sono praticamente quadruplicate (+272 %) in Italia negli ultimi dieci anni e rappresentano oggi la prima voce delle importazioni agroalimentari dal gigante asiatico. Dalle navi - denuncia la Coldiretti - sbarcano fusti di oltre 200 chili di peso con concentrato da rilavorare e confezionare come italiano poiché nei contenitori al dettaglio è obbligatorio indicare solo il luogo di confezionamento, ma non quello di coltivazione del pomodoro. Il quantitativo che sbarca in Italia dalla Cina dovrebbe superare a fine anno i 100 milioni di chili e corrisponde - sottolinea la Coldiretti - a quasi il 15 per cento della produzione di pomodoro fresco italiana destinato alla trasformazione realizzata in Italia.

L'ecomafia con il racket, il pizzo e gli altri fenomeni malavitosi sviluppano a danno delle campagne italiane un giro di affari di 7,5 miliardi di euro con la criminalità organizzata che - sostiene la Coldiretti - in agricoltura opera attraverso furti di attrezzature e mezzi agricoli, racket, abigeato, estorsioni, o con il cosiddetto pizzo anche sotto forma di imposizione di manodopera o di servizi di trasporto o di guardiania alle aziende agricole, danneggiamento delle colture, aggressioni, usura, macellazioni clandestine, truffe nei confronti dell'Unione europea e caporalato. Tra i fenomeni preoccupano - conclude la Coldiretti - le intromissioni nel sistema di distribuzione e trasporto dei prodotti alimentari, carne e ortofrutticoli sopratutto, che mettono anche a rischio la sicurezza alimentare delle produzioni oltre a danneggiare gli operatori sotto il profilo economico