11 dicembre 2024
Aggiornato 12:30
Coldiretti Lombardia

Diossina, cortina di sicurezza per gli allevamenti italiani

«Da noi è da sempre tutto strettamente controllato» commenta Marco Lunati, lodigiano, componente del consiglio nazionale dell’Associazione degli allevatori di suini

MILANO - Diossina, una cortina di sicurezza per proteggere gli allevamenti e i consumatori italiani. «Da noi è da sempre tutto strettamente controllato» commenta Marco Lunati, lodigiano, componente del consiglio nazionale dell’Associazione degli allevatori di suini, dopo che il ministro tedesco all’agricoltura Ilse Aigner ha annunciato che la Germania adotterà misure più rigide per verificare la salubrità di mangimi e stalle. «In Italia lo facciamo da anni» aggiunge l’allevatore italiano.

Oltre a conservare i campioni del foraggio, ogni due o tre mesi in media ci sono verifiche sui mangimi, l’acqua e la salute dei capi in stalla. «Ai macelli vengono poi eseguiti altri controlli per scongiurare la presenza di antibiotici, metalli pesanti, diossina, arsenico, anabolizzanti e decine di sostante potenzialmente pericolose» spiega Giuseppe Granata, 63 anni, veterinario dell’Asl di Lodi, provincia della Lombardia dove si trovano alcuni dei più importanti macelli italiani e dove si lavorano oltre 200 mila animali all’anno. «Solo nel nostro territorio – aggiunge Granata – facciamo 700 prelievi nell’arco dei 12 mesi su diversi parti della carcassa, di solito con 5 campionature per prelievo». Le verifiche riguardano tutti: dai bovini ai suini, dai conigli ai polli.

«I nostri animali sono fra i più controllati al mondo – spiega Lunati, che per i suoi maiali ha costruito anche un impianto di condizionamento dell’aria per tenerli al caldo d’inverno e al fresco d’estate – Ma i prezzi di vendita non rispecchiano il lavoro che facciamo sul fronte della sicurezza». I suini sono quotati in media un euro e 22 centesimi al chilo contro un costo che sfiora, in alcuni casi, l’euro e 40 al chilo. Sugli allevatori italiani pesa - stima la Coldiretti Lombardia - un buco da 150 milioni di euro. «La metà in Lombardia dove c’è quasi il 50% dei capi a livello nazionale» spiega Luigi Simonazzi, responsabile economico della Coldiretti di Milano e Lodi.

«Per questo per noi l’etichettatura d’origine è fondamentale sia sul fronte economico che su quello della sicurezza alimentare – spiega Nino Andena, Presidente della Coldiretti Lombardia – sarebbero tracciate anche le carni estere usate per salami e prosciutti fuori dal circuito Dop, i produttori italiani potrebbero quindi valorizzare meglio i loro prodotti e i consumatori avrebbero la possibilità di scegliere più liberamente senza pensare di comprare cose che paiono italiane e che invece non lo sono».