24 aprile 2024
Aggiornato 00:00
Ancora niente numeri

Tremonti-Bossi: il Federalismo non costa

Ai Comuni le tasse sugli immobili. Brancher low profile. A rassicurare il Sud ci pensa il pidiellino Fitto: «La solidarietà è il vincolo assoluto garantito in questo provvedimento»

ROMA - I numeri ancora non ci sono, ma tutti i ministri giurano: il federalismo fiscale non costa alle casse dello Stato. Anzi, per l'estate Tremonti promette le cifre «dei risparmi», e spiega che l'unico costo «sarebbe quello di non fare la riforma», mettendo a rischio, così sì, anche l'unità dell'Italia. La grande cerimonia del federalismo fiscale va in scena a palazzo Chigi, l'occasione è la relazione del ministro dell'Economia sull'argomento. A officiarla è il leader della Lega Umberto Bossi che addirittura presiede il Consiglio dei Ministri, vista l'assenza di Berlusconi e complice un 'impegno' del ministro anziano Altero Matteoli che lascia la sala proprio quando si inizia a parlare di federalismo.

In conferenza stampa ad accompagnare Bossi ci sono lo stesso Tremonti, il fido Roberto Calderoli e il pidiellino con delega alle regioni Raffaele Fitto. Per loro foto di gruppo con stretta di mano nel giorno di un altro «passo importante» verso il sono leghista. Chi manca è però il neo ministro Aldo Brancher: alla riunione ha partecipato, anche se Ignazio La Russa proprio non riesce a ricordarsi se ci fosse o meno. Di sicuro non c'è in conferenza stampa, scegliendo un low profile che suscita le polemiche dell'opposizione e la curiosità dei giornalisti. A rispondere sull'assenza di colui che dovrebbe avere proprio le deleghe all'attuazione del federalismo è Tremonti, che spiega: l'unico e vero ministro del Federalismo «è Umberto Bossi».

Nelle 29 pagine della relazione che viene trasmessa alle Camere, dunque, i numeri del federalismo fiscale ancora non ci sono: «Evitiamo i numeri a caso», quelli giusti saranno diffusi «tra luglio e settembre», assicura Tremonti, e saranno i numeri «non di tagli ma di risparmi che restano alle Regioni e vanno ai cittadini». Gli dà man forte Roberto Calderoli, secondo il quale viene dimostrato «per tabulas» che il federalismo fiscale «non costa» e anzi «fa uscire dalla crisi». Come, lo spiega Bossi: il debito pubblico italiano è causato dal fatto che «chi spende non ha la responsabilità di trovare i soldi che in qualche caso butta via». Un sistema che ora cambierà, grazie al «federalismo municipale» che assegna ai Comuni le tasse sugli immobili, introducendo il principio di responsabilità. Un «passo importante», dice Bossi. E l'amico Tremonti coglie l'occasione per legare subito la riforma a una riduzione fiscale: «C'è la base per introdurre la cedolare secca sugli affitti: era nel nostro programma elettorale, e qui finalmente c'è lo spazio per metterla dentro».

A rassicurare le regioni del Sud ci pensa il pidiellino Fitto: «La solidarietà è il vincolo assoluto garantito in questo provvedimento». Anzi, il Mezzogiorno avrà «elementi chiari da poter utilizzare in termini di crescita reale e concreta, voltando decisamente pagina rispetto a quanto accaduto fino ad oggi». Perchè finora, denuncia Tremonti, i soldi destinati al sud non venivano spesi, «e non si poteva certo andare avanti così». Colpa di «un sistema», che però ora cambia e anche le Regioni «saranno contente». Solo così, chiude Calderoli, si potrà garantire l'unità dell'Italia: «Il rischio di divisione viene non da chi vuol fare, ma di chi non vuol fare il federalismo fiscale, che non vuole che i servizi vengano erogati su tutto il territorio nazionale».