20 aprile 2024
Aggiornato 00:30
E’ sui numeri che va inchiodata Torino

La Fiat non si salva tornando a De Mita

Per il presidente del Senato, Schifani, Torino ha preso i soldi dalla Stato e quindi non deve abbandonare Termini Imerese

Il presidente del Senato, Renato Schifani, ha definito «sciagurata» la decisione della Fiat di chiudere lo stabilimento di Termini Imerese.
Inoltre ha ricordato ai vertici torinesi i generosi contributi statali dei quali hanno usufruito nei decenni trascorsi.
Schifani ha ragione a sottolineare che i contribuenti italiani si sono svenati, e continuano a farlo attraverso gli incentivi, per fare stare in piedi la Fiat.
Ma se proprio si deve chiedere un risarcimento a Torino, obbligare l’industria dell’auto italiana a trasformarsi in ammortizzatore sociale è il modo migliore per farlo?

La logica adottata del presidente del Senato per Termini Imerese assomiglia troppo a quella invocata dai maggiorenti democristiani del Sud, nel corso della Prima repubblica, per essere quella giusta.
Ciriaco De Mita, non bisogna dimenticarlo, arrivò a sostenere che il certificato di invalidità, anche se falso, doveva essere considerato il giusto sostegno da offrire al popolo meridionale per i torti subiti.
Anche allora il governo democristiano avrebbe potuto adottare molte soluzioni per aiutare gli indigenti meridionali. La più efficace sarebbe stata quella di creare le condizioni per il fiorire di una industria sana e competitiva. Invece, con il plauso della sinistra e dei sindacati del tempo, scelse la strada dei falsi invalidi e delle cattedrali del deserto.
E infatti il meridione e tutti i problemi del meridione stanno ancora lì.

Ora con Termini Imerese il copione si ripete.
Sergio Marchionne in una lunga intervista alla Stampa ha affermato che per ogni macchina prodotta a Termini Imerese la Fiat ci rimette mille euro.
Verificare la veridicità di questa affermazione è compito del governo e dei sindacati.
Ma se Marchionne non mente, che senso ha mantenere, con i soldi dei contribuenti una azienda in perdita in nome del Welfare?
I soldi impiegati per sorreggere mura che non possono che crollare, non possono essere spesi meglio nel garantire a quei lavoratori che possono perdere il posto, ma non devono perdere il reddito, opportunità diverse, ma durature?
In quanto al sano principio di non consentire più in futuro, alla Fiat o ad altri il giochetto che i profitti sono privati mentre le perdite sono pubbliche, il governo ha molti metodi per provvedere.
Può aumentare le tasse solo ai redditi più alti o altissimi. Può ricorrere ad una patrimoniale. Può aumentare le tasse sulle rendite finanziarie, e quindi anche sui dividendi scandalosamente lasciati al 12,5 per cento dal Governo Prodi, ma anche da quello attuale, cioè circa la metà di quello che si paga in quel paradiso dei ricconi che si chiama Svizzera.
La Francia ora distribuisce alle piccole e medie imprese l’introito derivato dall’aumento delle tasse sui bonus guadagnati dalla finanza.
Sergio Marchionne ha promesso che entro il 2012 la Fiat costruirà in Italia 900 mila auto, rispetto alle 650 mila del 2009. E’ su questi numeri che va inchiodata Torino. Sul rapporto profitti (quando ci sono) e salari. Sugli investimenti nella ricerca.
In quale parte d’Italia costruire auto è affar suo.
Le scorciatoie lasciamole alla demagogia di Epifani. Altrimenti tanto vale richiamare De Mita.