4 ottobre 2025
Aggiornato 09:00
Le banche sono tornate nell’occhio del ciclone

Banche: meno tasse e più efficienza

Gli attacchi da destra e da sinistra al sistema creditizio non vanno al cuore del problema

Le banche sono tornate nell’occhio del ciclone. A chiamarle in causa è ancora una volta il ministro dell’Economia.
Giulio Tremonti infatti plaudito alla decisione di Obama di volersi riprendersi una parte dei soldi che all’inizio dello scorso anno è stato costretto a versare nelle loro casse per impedire il crack totale del sistema. Il presidente degli Stati Uniti ha deciso di tassare gli istituti di credito americani e Tremonti ha detto: «ha fatto bene».
Niente da eccepire sulla decisione di Obama, che appare giusta sia sotto il profilo etico, sia sotto quello economico, visto che molte banche americane si sono riprese dallo shock e quindi è giusto che restituiscano perlomeno una parte di quanto hanno fatto pagare ai contribuenti.
Inoltre Obama si deve scrollare di dosso l’accusa, da parte dell’opposizione repubblicana di essere stato troppo interventista, e da parte della sua stessa parte politica di essere stato troppo di manica larga nei confronti degli stessi che hanno provocato la crisi.

Passando alle vicende italiane, l’ affermazione di Tremonti, che con un occhio, nel farla, guardava al di là dell’oceano, ma con l’altro aveva tutta l’aria di mirare a faccende italiane, ha dunque riaperto i dossier banche e banchieri sottoposti da tempo ad un fuoco di fila proveniente da sponde diverse.
A proposito del fare pagare più tasse alle banche italiane, sulla scorta di quanto si accingono a fare negli Stati Uniti, c’è da dire che ha messo addirittura d’accordo il ministro dell’Economia e il quotidiano La Repubblica, solitamente non tenero con Tremonti.
Il ragionamento del quotidiano diretto Ezio Mauro, riportato dalle pagine dell’inserto «Affari e Finanza» è in pratica questo: non servono particolari stangate, anche tenuto conto che attualmente gli istituti di credito italiani pagano imposte intorno al 31,1 per cento, contro il 27,5 per cento della Gran Bretagna, il 25,1 della Francia, il 23,7 della Germania, ma al tempo stesso, è la tesi di Affari e Finanza, in tempi di carestia «un ragionevole contributo redistributivo da chi ha più fieno in cascina non sarebbe uno scandalo.
Premesso che le banche non hanno certo bisogno della nostra difesa avendo avvocati a iosa, resta il fatto che è la logica che muove gli attacchi che vengono loro rivolti che disapproviamo.
Sostenere che le banche devono pagare più tasse, dopo aver ammesso che l’onere che già subiscono è il più alto d’Europa, non solo è una contraddizione, ma è anche un incitamento ad aumentare il divario che c’è fra il sistema bancario italiano e quello dei suoi concorrenti. Inoltre ha anche un sapore vagamente di punizione a casaccio, al seguito del ragionamento: » intanto una bastonatina non si sbaglia mai a dargliela in quanto sono banche».

Bisogna dire che non ci convince nemmeno l’ostilità di Tremonti, alla luce di quanto il governo ha sostenuto fin dall’inizio della crisi, quando, per rassicurare gli italiani, elogiava il fatto che il nostro sistema bancario non si era lasciato trascinare da quelle avventure finanziarie che erano state la rovina di molte banche americane, di quelle inglesi e anche di alcune banche tedesche.
Non si può un giorno elogiare la cautela e quello successivo mettere le banche sul banco degli accusati per il motivo contrario.
Sono posizioni che a nostro avviso appaiono dettate non da analisi oggettive, ma da antipatie o simpatie ideologiche e da schieramenti preconcetti spesso dettati dall’appartenenza politica.
Questo non vuol dire che la macchina bancaria italiana non abbia bisogno di una seria revisione. Tutt’altro. Troppo spesso in passato le banche hanno dato corda a progetti fondati su grandi ambizioni prive di fondamentali e hanno trascurato le piccole e medie imprese. Alle origini di questo atteggiamento c’è stata più di una ragione e non sempre frutto di trasparenza, ma non bisogna sottovalutare che a spingere nella direzione sbagliata il credito è stata anche la incapacità del sistema di dotarsi di strutture in grado di valutare, secondo criteri oggettivi, piani di sviluppo sempre più complessi.
Insomma, invece di avere un atteggiamento pregiudizialmente negativo nei confronti della banche sarebbe più giusto convocare gli stati generali del sistema per verificare se la cultura dei suoi operatori è al passo con le necessità imposte dai tempi.
Valutare le potenzialità di una star-up è certamente più difficile che dare soldi a piani di sviluppo presentati in carta patinata e appoggiati da solide amicizie. Affrontare il venture capital, una formula che da noi praticamente non ha mai seriamente attecchito, richiede certamente doti sconosciute a chi si affida unicamente alle garanzie patrimoniali.
Non è con le tasse che si migliorano le banche, ma chiedendo loro di fare in modo efficiente, trasparente e moderno il loro mestiere.