28 agosto 2025
Aggiornato 03:00
Ieri le rivendicazioni bipartisan dei sindaci, oggi i piccoli imprenditori «resistenti»

Nasce la protesta dell’Uomo qualunque

L’autoconvocazione come risposta alla sfiducia nelle rappresentanze istituzionali

C’è un’Italia che sfugge ai media, alle analisi sociologiche e anche ad osservatori sulla società molto autorevoli come il Censis del professor De Rita.
E’ l’Italia trasversale che si riconosce in quella che potrebbe essere definita «la protesta dell’uomo qualunque».
Di questa presenza non rilevata dai sensori più accreditati se ne è avuta una prova in due circostanze che si sono verificate nell’arco di ventiquattro ore.
Ieri cinquecento sindaci divisi dal colore politico, ma uniti nel difendere gli interessi dei Comuni che amministrano, si sono presentati a Roma per chiedere al governo di tornare indietro sui tagli previsti dalla Finanziaria.
Oggi i piccoli imprenditori che si riconoscono in un movimento spontaneo nato su Internet, a cui hanno attribuito il significativo nome di «resistenti», usciranno dalla virtualità del blog in cui solitamente si incontrano per guardarsi in faccia e contarsi in un albergo milanese.
Insomma c’è un’Italia che sta scavalcando partiti, associazioni e istituzioni ritenute incapaci o troppo timide nel fare giungere la loro voce al «Palazzo».

Ieri il girotondo ideale che ha spinto a stringersi in unica cordata, dal sindaco di Torino, Chiamparino del Partito democratico, al sindaco di Roma, Alemanno del Popolo delle Libertà, fino a Attilio Fontana della Lega, ha visto respinto l’assalto romano dalle trincee governative approntate dal Ministro Calderoli e dal sottosegretario alla Presidenza, Gianni Letta.
Preso atto dello schiaffo, i sindaci ribelli non hanno però deposto le armi e già stanno preparando una seconda discesa a Roma accompagnati da gesti più clamorosi, come quello che porta la firma.
dei primi cittadini veneti, i quali propongono ai loro colleghi di puntare direttamente sul Quirinale per consegnare come gesto di protesta la fascia tricolore nelle mani di Giorgio Napolitano.
«Quanto a lungo dovremo potranno continuare a raccontarci che stanno realizzando il federalismo fiscale mentre stanno andando nella direzione opposta? Si è chiesto il sindaco di Padova, Zanonato del Pd, al quale ha fatto eco il sindaco di Roma, Alemanno del Pdl, il quale ha definito i tagli della finanziaria «una prepotenza inaccettabile e un atto ingiustificato dal punto di vista finanziario».
Circa duecento sindaci, stando alle ultime notizie, sono anche pronti a rompere con L’Anci, l’associazione che rappresenta tutti i comuni italiani, ritenuta troppo accondiscendente nei confronti del governo.

A Milano oggi sul banco degli accusati approntato dagli imprenditori «resistenti» finirà certamente anche la Confindustria. Non è da oggi che al cuore dell’associazione degli industriali viene rimproverato di battere soprattutto per la grande industria. Ma non era mai successo che i piccoli e medi imprenditori, come si è visto nel luglio scorso, scendessero in piazza a Roma sotto un’altra insegna spontanea, quella dei «contadini del tessile», per protestare contro la sordità del governo, ma anche contro la carenza di globuli rossi imputata a via dell’Astronomia.
La crisi, evidentemente, sta provocando la rottura di molte convenzioni e chi tira i fili del potere nella nostra società, sia che faccia parte della maggioranza o che sia all’opposizione, farebbe bene a non sottovalutare il fenomeno.
La protesta dell’Uomo Qualunque nasce da bisogni profondi, certificati, sui quali i promotori hanno ragionato, discusso, non si sono lasciati trascinare puramente da impulsi di superficiale rivendicazione.
Le difficoltà economiche stanno mettendo a nudo molti ritardi politici del Paese, soprattutto quando si tratta di identificare i bisogni primari da quelli di seconda fascia, per la cui soddisfazione sono state destinate in passato risorse che, al contrario, avrebbero dovuto trovare impieghi ben più produttivi.
Per quanto riguarda l’associazionismo la crisi sta portando allo scoperto troppe carriere costruite intorno all’organizzazione del consenso interno, in barba alle necessità oggettive dei rappresentati.
Il fiorire dei movimenti degli «autoconvocati» è l’effetto di una sfiducia diffusa della rappresentatività.
Nel sindacato, che per primo ha conosciuto queste forme di protesta «qualunquista» l’autoconvocazione ha prodotto solo spaccature e fughe in avanti che ne hanno minato credibilità e potere contrattuale. Insomma il «fai da te» sindacale si è poi rivelato un boomerang.
Che cosa possa produrre sul versante degli imprenditori e dei poteri costituiti che si ribellano ad altri poteri costituiti è tutto da vedere.
Fin d’ora si può dire però che le auto convocazioni si accompagnano ad un bisogno sentito di una parte del Paese, dal colore politico trasversale che, a fronte della crisi, della mancanza di commesse o della perdita del posto di lavoro, vorrebbe perlomeno vedere e sentirsi dire cose diverse.