28 marzo 2024
Aggiornato 21:30
Commercio estero

Calzature: il rosso della bilancia UE sfonda 1,7mld nel primo bimestre 2009

A spingere sul pedale dell’acceleratore, oltre alla Cina, sono l’Indonesia e il Brasile

ROMA - La crisi spiana la strada in Europa alle scarpe made in China. Con l’import da Pechino che nel primo bimestre 2009 è balzato, nella Ue, a ridosso di 1,4 miliardi di euro, facendo segnare un aumento del 9,7% su base annua.

Lo rivela un’analisi di www.trendcalzaturiero.it basata sui dati Eurostat, che attestano nel complesso a 2,56 miliardi di euro l’import di calzature dei Ventisette. Una spesa cresciuta, anno su anno, del 4,4%, in netta controtendenza rispetto alla dinamica delle esportazioni, a 843 milioni di euro, che per l’insieme dei paesi Ue hanno sperimentato, in questo primo bimestre, una riduzione del 14,3%.

A spingere sul pedale dell’acceleratore, oltre alla Cina, sono l’Indonesia e il Brasile. L’import Ue da Giacarta si è arrampicato oltre i 162 milioni di euro, crescendo a un tasso annuo del 39,1%. A doppia cifra anche i progressi del Brasile, che sconta al contrario gli effetti della crisi economica nel mercato Usa, dove sta perdendo vistosamente terreno. Dal gigante sudamericano - rivela l’analisi del portale specializzato nell’informazione economica sul sistema calzaturiero - l’Unione europea ha acquistato scarpe per un controvalore di quasi 100 milioni di euro (+14,3% su base annua). Mentre ha ridotto, seppure di un frazionale 0,8%, le importazioni dall’India, scese a 147 milioni circa. Segnano il passo anche le spedizioni dal Vietnam (-10%, a 391 milioni di euro), penalizzate dai dazi antidumping di Bruxelles.

La lista dei «Top spender» vede in posizione di testa la Germania, che precede nell’ordine Italia e Regno Unito. La classifica dei paesi importatori prosegue con Francia e Spagna, a loro volta davanti a Belgio, Paesi Bassi e Danimarca.

L’import, in ulteriore dilatazione, ha scavato nella bilancia Ue un buco di oltre un miliardo e 700 milioni di euro. Un disavanzo verso i Paesi terzi che a distanza di un anno - conclude la nota - è lievitato del 17%.