18 aprile 2024
Aggiornato 04:30

Morti bianche, Cassazione: «Operai distratti? Resta colpa azienda»

«Garantire norme di sicurezza anche ai lavoratori autonomi»

ROMA - L'azienda è responsabile degli infortuni sul lavoro anche se sono stati causati da distrazioni o imprudenze degli operai. E deve fornire «adeguate misure di protezione» anche ai lavoratori autonomi. Questi i due principi cardine ribaditi dalla Cassazione che interviene sul drammatico tema delle morti bianche. La Corte richiama le imprese ad una maggiore «sensibilità» alla sicurezza sul lavoro con una sentenza che conferma la condanna per omicidio colposo nei confronti del direttore di un'azienda di Retorbido, un piccolo comune in provincia di Pavia.

Nel gennaio 2001 un giovane meccanico, che prestava servizio come lavoratore autonomo, precipitò dal lucernario di un capannone mentre era intento a ripulire le grondaie. Sia il tribunale di Voghera che la Corte d'appello di Milano hanno condannato il direttore dello stabilimento responsabile della sicurezza per omicidio colposo e l'azienda Valdata al risarcimento del danno nei confronti dei genitori dell'operaio. Secondo il ricorso presentato in Cassazione i giudici di merito avrebbero sbagliato a considerare l'azienda responsabile delle misure di sicurezza che, invece, nel caso del lavoratore autonomo avrebbero dovuto essere adottate dallo stesso operaio.

Inoltre, secondo la difesa, il lavoro di pulizia sul tetto, che ha causato l'incidente, non rientrava nelle mansioni del lavoratore, il cui contratto si riferiva soltanto alle riparazioni meccaniche. Tesi che i giudici della quarta sezione penale, con la sentenza 18998, hanno bocciato senza mezzi termini. Sottolineando anzitutto che, come emerso dalle testimonianze, l'operaio era solito trattenersi oltre l'orario stabilito per arrotondare i propri guadagni con «qualche lavoretto extra». Inoltre, sottolinea la Corte, è stato accertato che «i responsabili delle sicurezza dello stabilimento non avevano predisposto sottopalchi di protezione o elementi di rinforzo dei lucernari al fine di evitare cadute dall'alto». Ed è proprio a questo proposito che la Cassazione ribadisce la responsabilità che grava sul datore di lavoro indipendentemente dal comportamento del lavoratore e dalla sua qualifica di impiegato a tempo pieno o autonomo. In pratica, il datore di lavoro non può sostenere la propria innocenza «assumendo - scrive la Cassazione - che il sinistro si sia verificato solo perché vi sarebbe stata, da parte della vittima, l'anomala iniziativa di gironzolare sul tetto in corrispondenza di pericolosi lucernari».

«Chi è responsabile della sicurezza del lavoro - proseguono i giudici - deve avere la sensibilità di rendersi interprete del comportamento altrui». In sostanza la Corte ribadisce che «la normativa anti infortunistica mira a salvaguardare l'incolumità del lavoratore non solo dai rischi derivanti da incidenti o fatalità, ma anche da quelli che possono scaturire dalle sue stesse disattenzioni, imprudenze o disubbidienze alle istruzioni raccomandate». In conclusione, sintetizza la Cassazione, «la colpa altrui non cancella la propria».