2 maggio 2024
Aggiornato 08:00
Corte di Cassazione - Sezione lavoro - sentenza del 13 gennaio 2009, n. 505

Legittimità di una riduzione di personale anche se l'azienda non indica le posizioni professionali eccedenti

In presenza di ridimensionamento dell’organico dell’intero complesso aziendale

Con la sentenza del 13 gennaio 2009, n. 505 la Sezione lavoro della suprema Corte di Cassazione – ha disposto che, se l’azienda pone in essere un piano di ridimensionamento dell’organico dell’intero complesso aziendale al fine di diminuire il costo del lavoro, non è necessario che la stessa, nell’avviare l’iter di licenziamento collettivo per riduzione di personale e la relativa procedura di mobilità, debba indicare le posizioni professionali eccedenti.
Per la Cassazione infatti l’azienda può limitarsi ad indicare il numero complessivo dei lavoratori eccedenti suddiviso tra i diversi profili professionali contemplati dalla classificazione del personale occupato nell’azienda.

Fatto e diritto
Un dipendente licenziato per riduzione di personale aveva impugnato il licenziamento a seguito di una procedura di mobilità in quanto, a suo dire, non erano state rispettate le regole procedurali di cui all'art. 4 della L. n. 223 del 1991, ritenendo che la comunicazione alle organizzazioni sindacali di avvio della procedura di riduzione del personale era sostanzialmente incompleta perché priva di indicazioni specifiche in ordine alla collocazione aziendale e ai profili professionali dei lavoratori interessati.

La decisione del Tribunale
Per il Tribunale che aveva condannato l’azienda decisiva era stata la mancanza di nesso causale tra la scelta della società e la procedura di licenziamento collettivo, l'inosservanza dell'obbligo di fornire le informazioni specificate nell'art. 4 comma 3 della legge 223 del 1991, il coinvolgimento del Ministero del lavoro e non dell'autorità pubblica dell'ambito territoriale, nel quale andavano ad attuarsi i licenziamenti e l'inosservanza dell'art. 4 comma 9 della richiamata legge n. 233 per essersi fatto riferimento al criterio dell'anzianità contributiva, senza alcuna correlazione con le esigenze tecnico-produttive dell'impresa in crisi. La società allora è ricorsa in Appello.

La decisione della Corte di Cassazione
Per la Corte di Cassazione la fattispecie del licenziamento collettivo per riduzione di personale ricorre in presenza dell'operazione imprenditoriale di «riduzione o trasformazione di attività o di lavoro», operazione che, da una parte, esclude dal suo ambito i licenziamenti dovuti a ragioni inerenti alla persona del lavoratore, per l'altra parte esclude anche i licenziamenti individuali per le stesse ragioni oggettive, ancorché plurimi, qualora non siano presenti i requisiti di rilevanza sociale collegati agli indici previsti dalla legge.
La fattispecie di riduzione del personale non presuppone necessariamente una crisi aziendale, e neppure un ridimensionamento strutturale dell'attività produttiva, potendo il requisito della riduzione o trasformazione di attività o di lavoro ravvisarsi nella decisione di modificare l'organizzazione produttiva anche soltanto con la contrazione della forza lavoro, con incidenza effettiva e non temporanea sul solo elemento personale dell'azienda.
La Corte accoglie il ricorso presentato dall’azienda Poste Italiane SpA;, annullando la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta la domanda proposta dal dipendente nei confronti della stessa azienda, annullando di conseguenza la decisione del Tribunale che aveva deciso che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento intimato da tale azienda perché questa non aveva specificato l’eccedenza nei vari uffici, ma si era limitata ad indicare gli addetti alle mansioni concrete ritenute non più utili per l’organizzazione.
Infatti per la Cassazione la sentenza impugnata aveva negato la facoltà di Poste italiane, che svolge l’identica attività produttiva sull’intero territorio nazionale, «di decidere il ridimensionamento dell’impresa con esclusivo riguardo alla consistenza complessiva del personale ed al fine di ridurre i costi di gestione», sottoponendo a controllo giudiziale la scelta imprenditoriale.
Secondo la sprema Corte la sufficienza dei contenuti della comunicazione di avvio della procedura ai sindacati deve essere valutata con riferimento ai motivi, esternati nella stessa comunicazione, che determinano l’eccedenza e alle misure proposte dallo stesso imprenditore per attenuare l’impatto sociale dei licenziamenti.

Allegato:
Corte di Cassazione - Sezione lavoro - sentenza del 13 gennaio 2009, n. 505