2 agosto 2025
Aggiornato 07:00
Corte di Cassazione - Sezione lavoro - sentenza del 21 gennaio 2009, n. 1536

Qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato senza il potere direttivo del datore di lavoro

Il caso di una assunta dal Comune con contratto di appalto per sorveglianza, custodia e pulizia delle scuole elementari

Con la sentenza del 21 gennaio 2009, n. 1536 la Sezione lavoro della suprema Corte di Cassazione ha stabilito che un rapporto di lavoro può essere qualificato come subordinato anche se manca senza il potere direttivo del datore di lavoro nelle normali mansioni di «routine»
Per la Cassazione l’assenza del potere direttivo del datore su mansioni di carattere routinario non esclude la sussistenza di un rapporto di lavoro di natura subordinata.

Fatto e diritto
Una dipendente era stata assunta dal Comune per eseguire, con contratto di appalto stipulato con il Comune stesso, lo svolgimento di attività relative alla sorveglianza, custodia e pulizia delle scuole elementari.
La stessa si era rivolta al Tribunale che accertava la intercorrenza di un rapporto di lavoro subordinato in riferimento alle prestazioni rese in esecuzione del citato contratto di appalto, ma il Comune si era rivolto alla Corte di Appello che aveva accolto l'impugnazione avanzata da un Comune contro la sentenza del Tribunale.
Per la Corte di Appello le prove articolate, essendo dirette a dimostrare l'inserimento nell'organizzazione della scuola, erano del tutto irrilevanti al fine di attestare la soggezione della lavoratrice al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del Comune.
Contro tale sentenza la dipendente presentava ricorso in Cassazione.
Le ragioni della dipendente
Per la dipendente ai fini della configurabilità della subordinazione il potere di controllo del datore di lavoro deve essere valutato in relazione alla natura delle mansioni svolte dal lavoratore, che la Corte d’Appello non ha operato in merito alle statuizioni del Tribunale ricognitive dell'effettivo oggetto delle prestazioni lavorative e delle modalità di espletamento della prestazione e non ha specificato minimamente quali delle dichiarazioni rese dai testimoni osterebbero all'accertamento della subordinazione e per quali motivi l'inserimento delle prestazioni nell'organizzazione scolastica sarebbe irrilevante.
Per la dipendente la Corte di Appello avrebbe dovuto specificare «testimonianza per testimonianza», perché le ha ritenute inattendibili ai fini probatori, e non ha «minimamente censurato in punto di fatto le statuizioni del Tribunale».
Per la dipendente il contratto di appalto non prevede lo svolgimento delle mansioni di apertura e chiusura del portone e pertanto le stesse rientrano in quelle del personale ausiliario e quanto all'inserimento nell'organizzazione scolastica, l'art. 7 della L. 444/68 prevede che il personale di custodia è a carico del Comune.

La decisione della Corte di Cassazione
Per la §Cassazione, come già ribadito, anche se il «nomen juris» che viene dato al contratto è quello di appalto, ogni attività umana economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato che di lavoro autonomo, ma l'elemento tipico che contraddistingue il primo dei suddetti tipi di rapporto è costituito dalla subordinazione, intesa quale disponibilità del prestatore nei confronti del datore, con assoggettamento del prestatore di lavoro al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro, ed al conseguente inserimento del lavoratore nell'organizzazione aziendale con prestazione delle sole energie lavorative corrispondenti all'attività di impresa
Peraltro, ha aggiunto la Cassazione, che è legittimo ricorrere ad altri criteri distintivi quali la presenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale ovvero l'incidenza del rischio economico, l'osservanza di un orario, la forma di retribuzione, la continuità delle prestazioni e via di seguito
Per la Cassazione, «se l'attenuazione del potere direttivo e disciplinare, tale da non escludere pregiudizialmente la sussistenza della subordinazione e da consentire il ricorso ai menzionati criteri sussidiari, è stata di solito riscontrata nella giurisprudenza di legittimità in relazione a prestazioni lavorative dotate di maggiore elevatezza e di contenuto intellettuale e creativo (quali, ad esempio, quelle del giornalista), va rilevato, tuttavia, che un analogo strumento discretivo può validamente adottarsi, all'opposto, con riferimento a mansioni estremamente elementari e ripetitive, le quali, proprio per la loro natura, non richiedono in linea di massima l'esercizio di quel potere gerarchico che si estrinseca - secondo quanto asserito in numerosissime pronunce di questa Corte - nelle direttive volta a volta preordinate ad adattare la prestazione alle mutevoli esigenze di tempo e di luogo dell'organizzazione imprenditoriale e nei controlli sulle modalità esecutive della prestazione lavorativa.
Dunque anche se la prestazione lavorativa sia assolutamente semplice e routinaria e con tali caratteristiche si protragga per tutta la durata del rapporto, l'esercizio del potere direttivo del datore di lavoro, nei termini testé precisati, potrebbe non avere occasione di manifestarsi.
Nel caso esaminato, nonostante l'oggetto del rapporto di lavoro fosse costituito da una prestazione di carattere estremamente elementare, ripetitiva e puntualmente predeterminata nelle sue modalità esecutive e sebbene, per altro verso, non fosse risultato che la dipendente si fosse resa mai inadempiente ai suoi doveri nello svolgimento delle mansioni di sorveglianza, custodia e pulizia delle scuole elementari e si versasse, quindi, in una di quelle ipotesi in cui l'appartenenza di un rapporto all'area dell'autonomia ovvero della subordinazione non poteva ragionevolmente essere apprezzata con esclusivo riferimento all'esercizio del potere direttivo e disciplinare da parte del datore di lavoro, la Corte di Appello ha nondimeno preteso di attribuire ad esso un ruolo decisivo ai fini della qualificazione del rapporto predetto, laddove in tale situazione avrebbe dovuto far ricorso ai criteri distintivi sussidiari elaborati dalla giurisprudenza, tenendo conto ai fini di cui trattasi, anche del contratto, qualificato dalle parti «di appalto» ed erroneamente, invece, del tutto ignorato nel suo contenuto e nelle sue specifiche previsioni.
La sentenza impugnata per tali ragioni è stata quindi cancellata.

Allegato:
Corte di Cassazione - Sezione lavoro - sentenza del 21 gennaio 2009, n. 1536