20 aprile 2024
Aggiornato 10:00
Disoccupazione al 6,1 %, è il terzo aumento consecutivo

Cresce il numero dei disoccupati nel nostro paese

«Per la prima volta in dieci anni – sostiene Loy - si arresta la crescita dell’occupazione, aumenta il tasso di disoccupazione (+0,5%), aumenta il numero di persone in cerca di occupazione (+ 9% pari a circa 1.500.000 unità)»

Sebbene la rilevazione sulle forze lavoro condotta da Istat, per il periodo giugno settembre, sia solo parzialmente influenzata dagli effetti della crisi, che inizia a manifestarsi proprio a ridosso del terzo trimestre, i dati rilasciati dall’istituto di statistica indicano una ulteriore crescita del numero dei disoccupati nel nostro paese.

«L’aumento – commenta il Segretario Confederale della Uil Guglielmo Loy- di circa mezzo punto percentuale della disoccupazione, rispetto allo stesso periodo del 2007, malgrado sia ancora contenuto, va anche letto parallelamente alla definitiva battuta d’arresto registrata dal tasso di occupazione, che si ferma al 59% dopo una serie ininterrotta durata parecchi anni.»

«Per la prima volta in dieci anni – sostiene Loy - si arresta la crescita dell’occupazione, aumenta il tasso di disoccupazione (+0,5%), aumenta il numero di persone in cerca di occupazione (+ 9% pari a circa 1.500.000 unità), aumenta il ricorso alla cassa integrazione così come aumentano le richieste di finanziamento per gli ammortizzatori sociali in deroga.»

«Il deterioramento del mercato del lavoro italiano – aggiunge Loy – è omogeneo su tutto il territorio nazionale con la sola eccezione del nord-est, e raggiunge le punte più alte ( 11,1%) nel mezzogiorno, e, malgrado il forte incremento della popolazione straniera registrata in anagrafe, anche il tasso di disoccupazione di questi lavoratori cresce di quasi mezzo punto percentuale.

Infine –sottolinea Loy- diminuisce anche la «qualità» dell’occupazione dipendente, caratterizzata da un incremento del 5 % (123.000 unità) del lavoro a tempo parziale, che nella quasi totalità dei casi ha riguardato il cosiddetto «part-time involontario», così come è cresciuto il ricorso al lavoro a termine (+1,9%).

Proprio la lettura di questi ultimi dati – conclude Loy – congiuntamente agli effetti negativi che la crisi finanziaria sta trasferendo all’economia reale ed al nostro mercato del lavoro, rendono non più rinviabile la messa a regime di un robusto ventaglio di strumenti a tutela del reddito di quelle fasce di lavoratori più deboli e che saranno quelle più esposte agli effetti deleteri della crisi.