29 marzo 2024
Aggiornato 12:00
Corte di Cassazione - Sezione lavoro - sentenza del 12 novembre 2008, n. 27027

Patto di conglobamento che nel superminimo ricomprende gli straordinari

Il patto è nullo solo se viola diritti inderogabili

Con la sentenza del 12 novembre 2008, n. 27027 la Sezione lavoro della Corte di Cassazione ha stabilito che il patto di conglobamento che nel superminimo sono ricompresi gli straordinari - stipulato tra datore di lavoro ed il lavoratore - è nullo solo se viola diritti inderogabili del lavoratore,
Per la Corte di Cassazione in considerazione del fatto che il superminimo compensa le prestazioni di lavoro straordinario non è necessario che assicuri la retribuzione del maggior pregio delle specifiche mansioni svolte dal dipendente, cioè il superminimo, il ricorso del dipendente è stato respinto, in quanto il conglobamento effettuato non consentiva di identificare quale parte del superminimo fosse destinata a retribuire l’ulteriore impegno connesso all’incarico di direttore della filiale e al compito di allargare il parco clienti.
Il particolare valore della prestazione del direttore di filiale - osservano i giudici di legittimità - poteva astrattamente ottenere riconoscimento nella contrattazione individuale, ma sicuramente non lo trovava nel contratto collettivo di categoria.
La mancata retribuzione di una voce che rimaneva eventuale sia come sussistenza sia come entità, dunque, non fa scattare la violazione di un diritto inderogabile del lavoratore da parte dell’accordo sul superminimo.
Il patto di conglobamento - concludono i magistrati - risulta valido se determina quale sia il compenso per il lavoro ordinario e quale l’ammontare per lo straordinario: l’obiettivo è consentire al giudice di verificare che al lavoratore siano effettivamente riconosciuti i diritti stabiliti per legge o dalla contrattazione collettiva.

Fatto e diritto
Un dipendente aveva convenuto in giudizio la società chiedendone la condanna al risarcimento per avere prestato lavoro con mansioni di responsabile di filiale e con la qualifica di impiegato di primo livello e quindi di quadro del CCNL trasporti e spedizioni merci e di avere ricevuto una retribuzione globale non equa, in particolare di essere rimasto creditore di una cospicua somma per lavoro straordinario maturato per quasi 2 anni e mezzo, e che la stessa società gli aveva detratto una somma dall'ultima busta paga asserendo che si trattava di un debito residuo.
La società peraltro proponeva a sua volta domanda riconvenzionale per il pagamento di una cospicua somma a titolo di risarcimento danni per violazione da parte del dipendente del dovere di fedeltà in relazione alla costituzione e partecipazione del lavoratore ad una società concorrente.
Istruita la causa il giudice di primo grado respingeva entrambe le domande con compensazione delle spese.

La decisione della Corte di Appello
La Corte di Appello non aveva condiviso la motivazione del giudice di primo grado (che aveva ritenuto non provata l'effettuazione di lavoro straordinario); anzi l'aveva affermata esplicitamente. Aveva riconosciuto lo svolgimento di 26 ore di straordinario per settimane, e quindi in una misura che superava il limite della ragionevole normalità previsto dalla giurisprudenza.
Malgrado questa premessa, la Corte d'Appello aveva ritenuto che il superminimo previsto, ricomprendesse anche la retribuzione di quel lavoro straordinario.
In questo modo, in realtà, aveva imputato per intero allo straordinario l’importo corrisposto a titolo di superminimo; invece avrebbe dovuto compensare l’attività specifica di direzione di una filiale, sia sotto il profilo operativo che sotto quello amministrativo come pure per quel che concerne l'attività di allargamento del parco clienti.
Allora sia la società che il dipendente proponevano appello, ma la Corte d'Appello rigettava entrambi gli appelli e confermava la prima decisione.
Contro la sentenza di appello, il dipendente allora ricorreva in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione
Per la Corte di Cassazione il superminimo era stato corrisposto anche durante i periodi ferie e con le mensilità aggiuntive e questo dimostrava che quella indennità era completamente avulsa dalla quantità di lavoro prestato. Né era risultato chiaramente se in sede dell’aumento retributivo fosse stato stipulato un patto di conglobamento.
Era nulla, invece, ogni rinunzia preventiva del lavoratore ai diritti inderogabili che derivavano a suo favore dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
Per la Corte di Cassazione il patto di conglobamento poteva essere valido soltanto se fosse stato determinato quale fosse il compenso per il lavoro ordinario e quale l’ammontare degli altri compensi, compreso quello per il lavoro straordinario, e la prova della sua validità ricadeva sul datore di lavoro.
Per la Corte di Cassazione non risulta affatto che attraverso il conglobamento dello straordinario nel superminimo sia stato violato un diritto inderogabile del lavoratore, in particolare il diritto alla retribuzione del lavoro straordinario secondo le tariffe fissate dalla contrattazione collettiva, in quanto la Corte di Appello aveva dimostrato in maniera sufficientemente analitica, e del tutto logica, attraverso un preciso calcolo matematico, che l'importo percepito dal dipendente nella quasi totalità del periodo di riferimento compensava in maniera adeguata, secondo le tariffe previste dalla contrattazione collettiva, le ore di lavoro straordinario svolto dall'interessato e che era stato rispettato il diritto ad una adeguata maggiorazione della retribuzione.
Ciò significa che, una volta che il superminimo era idoneo a compensare le prestazioni di lavoro straordinario, non occorreva che assicurasse anche il maggior pregio delle mansioni specifiche di direzione di una filiale.
In sostanza, soltanto la quota parte del superminimo che superava quanto dovuto a titolo di retribuzione dello straordinario (se ed in quanto sussistesse un residuo, come sussisteva sicuramente per le mensilità aggiuntive, ed il periodo di ferie) era destinata a compensare il maggior valore del lavoro svolto dal dipendente.
Per la Corte di Cassazione in considerazione del fatto che il superminimo compensa le prestazioni di lavoro straordinario non è necessario che assicuri la retribuzione del maggior pregio delle specifiche mansioni svolte dal dipendente, cioè il superminimo, il ricorso del dipendente è stato respinto, in quanto il conglobamento effettuato non consentiva di identificare quale parte del superminimo fosse destinata a retribuire l’ulteriore impegno connesso all’incarico di direttore della filiale e al compito di allargare il parco clienti.
Per la Corte di Cassazione il particolare valore della prestazione del direttore di filiale poteva astrattamente ottenere riconoscimento nella contrattazione individuale, ma sicuramente non lo trovava nel contratto collettivo di categoria.
La mancata retribuzione di una voce che rimaneva eventuale sia come sussistenza sia come entità, dunque, non fa scattare la violazione di un diritto inderogabile del lavoratore da parte dell’accordo sul superminimo.
Per la Corte di Cassazione dunque il patto di conglobamento è valido se determina quale sia il compenso per il lavoro ordinario e quale l’ammontare per lo straordinario.

Corte di Cassazione - Sezione lavoro - sentenza del 12 novembre 2008, n. 27027