25 aprile 2024
Aggiornato 06:00
Corte di Cassazione - Sezione lavoro - sentenza 22 ottobre 2008, n. 25573

Quiescenza del rapporto nella fase compresa tra il licenziamento illegittimo e la pronuncia giudiziale

Nelle more del giudizio di legittimità del licenziamento il datore di lavoro può comminarne un altro ma con altra motivazione

Con sentenza del 22 ottobre 2008, n. 25573 la Sezione lavoro della suprema Corte di Cassazione ha stabilito che nel caso che il datore provveda ad irrogare un licenziamento per il quale poi è in corso l’accertamento della relativa legittimità, lo stesso può riproporre un ulteriore licenziamento con altra motivazione.
Nel caso che il licenziamento, intimato a lavoratori per i quali è applicabile la tutela cosiddetta reale, è illegittimo, questo determina, nelle more dell’accertamento di legittimità del licenziamento, solo un'interruzione di fatto del rapporto di lavoro, ma non incide sulla sua continuità, e poiché ne assicura la copertura retributiva e previdenziale, tale continuità e permanenza del rapporto giustificano l'irrogazione di un secondo licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, ma solo se questo è basato su una nuova e diversa ragione giustificatrice.

Secondo la Cassazione dunque il licenziamento illegittimo non è idoneo ad estinguere il rapporto al momento in cui è stato intimato determinando unicamente una sospensione della prestazione a causa del rifiuto del datore di ricevere la stessa, e non esclude che il datore di lavoro possa procedere ad un nuovo licenziamento.
Così è stato respinto il ricorso del lavoratore licenziato prima per «impossibilità della prestazione costituente anche giustificato motivo» e poi per giusta causa.
Dunque per la Cassazione il rapporto di lavoro è quiescente in regime di stabilità reale del posto di lavoro, ovvero nella fase compresa tra il licenziamento illegittimo e la pronuncia giudiziale.

Fatto e diritto
Il Giudice del lavoro del Tribunale dichiarava la illegittimità della sospensione cautelare e dei due successivi licenziamenti intimati all’addetto ai bar all'interno dell'aeroporto dalla società in liquidazione «per impossibilità della prestazione lavorativa costituente anche giustificato motivo», derivata dalla sospensione della validità della tessera di accesso alle zone aeroportuali (a seguito di denuncia per il reato di cui all'art. 609 bis c.p., e per successivo provvedimento di licenziamento per giusta causa per avere, «durante l'orario di lavoro intrattenuto rapporti sessuali in una toilette femminile sita nell'ambito aeroportuale ed in quel momento chiusa per manutenzione» - con una «cittadina straniera ed irregolare, appena fermata alla frontiera».
Inoltre il Giudice del lavoro condannava la società convenuta a corrispondere al ricorrente le retribuzioni dovute con gli interessi legali, sull'importo via via rivalutato maturato dalla data di debenza al saldo, nonché a reintegrare il dipendente nel posto di lavoro ed a risarcirgli il danno cagionato, versando a suo favore una indennità di ammontare pari alla retribuzione globale di fatto fino alla data di effettiva reintegra, maggiorata degli interessi legali.
Il Giudice condannava inoltre la società a versare i contributi assistenziali e previdenziali dovuti per legge in base alle precedenti statuizioni.
Contro tale sentenza proponeva appello la società chiedendo che fossero rigettate tutte le domande formulate dal dipendente contro essa appellante, accolte dal primo giudice.
L'appellato si costituiva e resisteva al gravame.

La decisione della Corte di Appello
La Corte d'Appello, in parziale accoglimento dell'appello, rigettava il ricorso di primo grado relativamente al primo licenziamento intimato ed alle conseguenti statuizioni relative alla reintegrazione nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno subito per effetto del licenziamento, nonché al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dovuti sulle somme liquidate a titolo di risarcimento per lo stesso licenziamento. Rigettava nel resto l'appello e compensava tra le parti le spese del giudizio.
In sintesi la Corte territoriale aveva confermato la illegittimità della sospensione cautelare e del primo licenziamento e nel contempo aveva accolto l'appello della società con riferimento al secondo licenziamento, affermando la legittimità dello stesso.
In particolare la Corte d’Appello premesso che il datore di lavoro può «procedere ad un nuovo licenziamento che faccia seguito ad uno precedente inficiato da nullità o inefficace o, comunque, illegittimo», trattandosi di «rinnovazione di un negozio diverso dal precedente» che «produce l'effetto di risolvere ex nunc il rapporto di lavoro», aveva rilevato che, nel caso di vizio di tipo sostanziale del primo licenziamento, il successivo licenziamento è consentito «se basato su una nuova ragione giustificatrice», come nella specie.
Per la cassazione della detta sentenza il dipendente ha allora proposto ricorso alla Corte di Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione
Con sentenza del 22 ottobre 2008, n. 25573 la Sezione lavoro della suprema Corte di Cassazione ha stabilito che nel caso che il datore provveda ad irrogare un licenziamento per il quale poi è in corso l’accertamento di legittimità, lo stesso può riproporre un ulteriore licenziamento con altra motivazione.
Nel caso che il licenziamento, intimato a lavoratori per i quali è applicabile la tutela cosiddetta reale, è illegittimo questo determina nelle more dell’accertamento solo un'interruzione di fatto del rapporto di lavoro, ma non incide sulla sua continuità, e poiché ne assicura la copertura retributiva e previdenziale, tale continuità e permanenza del rapporto giustifica l'irrogazione di un secondo licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, ove basato su una nuova e diversa ragione giustificatrice.
Secondo la Cassazione il licenziamento illegittimo non è idoneo ad estinguere il rapporto al momento in cui è stato intimato determinando unicamente una sospensione della prestazione a causa del rifiuto del datore di ricevere la stessa, e non esclude che il datore di lavoro possa procedere ad un nuovo licenziamento.
Per la Corte il licenziamento illegittimo non è idoneo ad estinguere il rapporto al momento in cui è stato intimato «determinando unicamente una sospensione della prestazione dedotta nel sinallagma a causa del rifiuto del datore di ricevere la prestazione stessa, sino a quando, a seguito del provvedimento di reintegrazione del giudice, non venga ripristinata la situazione materiale antecedente al licenziamento»
Per la Corte il licenziamento illegittimo, intimato a lavoratori per i quali è applicabile la tutela cosiddetta reale, determina solo un'interruzione di fatto del rapporto di lavoro, ma non incide sulla sua continuità, assicurandone la copertura retributiva e previdenziale, e tale continuità e permanenza del rapporto giustifica l'irrogazione di un secondo licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, ove basato su una nuova e diversa ragione giustificatrice, dal quale solamente, in mancanza di tempestiva impugnazione, deriverà l'effetto estintivo del rapporto.
Secondo la Cassazione il licenziamento illegittimo non è idoneo ad estinguere il rapporto al momento in cui è stato intimato determinando unicamente una sospensione della prestazione dedotta nel sinallagma, a causa del rifiuto del datore di ricevere la stessa, e non esclude che il datore di lavoro possa procedere ad un nuovo licenziamento.
Per la Cassazione, dunque, legittimamente la Corte d’appello, investita dell'impugnazione di entrambi i licenziamenti, dopo aver confermato la illegittimità del primo licenziamento, aveva ritenuto valido ed efficace il secondo licenziamento, accertando la sussistenza della giusta causa.

Corte di Cassazione - Sezione lavoro - sentenza 22 ottobre 2008, n. 25573